Dal giorno di Ferragosto è in vigore la nuova normativa sul Made in Italy. Complice il periodo che da sempre nel nostro Paese è sinonimo di vacanza, anche del cervello (ma Enrico Cuccia ad agosto lavorava sempre, diceva che si fanno i migliori affari: ed Eugenio Cefis preparava, con la tattica del sommergibile, le sue scalate ostili), la novità legislativa è passata senza troppo clamore.
La legge Sviluppo, nella quale è contenuta la disposizione, prevede che costituisca fattispecie di reato reato applicare l’etichetta «Made in Italy» su merci prodotte o commissionate, anche parzialmente, all’estero. Le Dogane hanno “salvato” in extremis imprenditori, operatori doganali e tutti i soggetti interessati, emanando nei fatti una disposizione transitoria che prevede l’autocertificazione. Come recita Il Sole 24Ore on line di Ferragosto, tuttavia “(..) le preoccupazioni degli imprenditori non sono cessate: tra qualche settimana i problemi si ripresenteranno a causa di una misura penalizzante, troppo, per molte aziende. Quelle che più hanno delocalizzato. La toppa-moratoria di qualche settimana dovrà lasciare il passo a ben altri chiarimenti e, forse, a un ripensamento.”
Ecco, questo è il punto, il ripensamento. Perchè? Per quale motivo deve essere accettabile che siano considerati prodotti made in Italy quelli, certamente non economici, di Prada, prodotti in Vietnam? Forse perchè la maison è da sempre guidata con mano democratica? La de-localizzazione conviene, certamente, è giusto che si produca dove costa meno: ma è inaccettabile che sia spacciata per qualità made in Italy ciò che viene realizzato in Estremo Oriente, a costi molto più bassi di ciò che, appunto, è Made in Italy. E, pertanto, dovrebbe costare di più perché vale di più. Gli imprenditori lamentano che la disposizione è solo italiana e che in Europa non c’è nulla di simile, dunque l’Italia sarebbe penalizzata: bene, ammesso che sia vero, vogliamo fare un po’ di sano lobbying sul tema? E domandarci, infine, quanto siamo veramente disposti a fare per tutelare ciò che vine realizzato sul territorio del nostro Paese?
Una risposta su “Made in Italy”
[…] delle donne, non si perita tuttavia né di licenziare per le ragioni suddette,, né tantomeno di produrre il made in Italy in Vietnam. Ci siamo persi qualcosa sulla democrazia, ma da quanto riusciamo a capire deve essere […]
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