Il Senato della Repubblica ha approvato un emendamento che prevede un tetto per i compensi dei manager bancari, che non potranno superare le indennità dei parlamentari. La questione, ad evidenza, non può essere ridotta ad una semplice valutazione di opportunità, dal momento che è chiaro a tutti come i compensi dei manager bancari, fin troppo collegati a performances di breve periodo, abbiano contribuito a fornire propellente alla crisi finanziaria ed ai suoi effetti sull’economia reale.
Il metodo, tuttavia, non sembra dei migliori. A prescindere dall’autore dell’emendamento, appartenente al gran partito dei moralisti, l’IDV -circostanza che dovrebbe far riflettere sul realismo della proposta- l’emendamento pone vari problemi, soprattutto in tema di libertà economica e di decisioni manageriali. I compensi dei manager, di tutti i manager, esclusi quelli delle imprese pubbliche, dovrebbero essere lasciati nella loro determinazione alla libertà del soggetto economico: diversamente, la proposta profuma molto di dirigismo, oltre che di populismo, il che non sembra un fatto positivo.
Quanto ai manager, la decisione, più che un tetto, sembra un incentivo per avviarli verso carriere altrettanto dorate fuori dal settore finanziario. Senza alcuna garanzia che coloro che accetteranno di assumersi responsabilità, al prezzo della carriera di un deputato, sappiano fare di meglio.