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Banche Bolla immobiliare Crisi finanziaria Silvio Berlusconi

Acronimi.

L’Italia esce dal club, appartenere al quale non rappresenta certo motivo di vanto, dei Paesi più a rischio e peggio indebitati di Eurolandia.

PIGS sta per Portogallo, Italia, Grecia, Spagna: o meglio stava, perché nell’acronimo siamo stati sostituiti dall’Eire, Paese di lingua inglese, ma di cultura cattolica –gli irlandesi non sono, ahiloro, WASP, ovvero White, AngloSaxon, Protestant-, le cui finanze stanno allegramente andando a gambe all’aria.

Naturalmente l’acronimo è frutto della subcultura del disprezzo dei Paesi nordici per quelli mediterranei, nei quali peraltro vengono a frotte a fare vacanze e divertirsi. Ed è anche frutto di malafede, non appena di ignoranza, ove si rifletta sulle origini della crisi economica globale, sullo stato delle inguaiate finanze del Regno Unito (e la riduzione ai minimi termini del suo sistema industriale, lasciato morire a favore del settore finanziario)  e sui disastri combinati negli USA, il cui debito pubblico è detenuto a Chinatown. In fin dei conti, a parte qualche banca che ha sottoscritto i Tremonti-bond, nel nostro Paese non è accaduto nulla che assomigli ai salvataggi molto WASP di RBS, di AIG, etc…

Molto più interessante annotare quanto sta accadendo in Spagna, paese governato da quel Zapatero la cui ministra competente per l’economia ha distrutto la credibilità del suo governo annunciando un piano di inasprimento della legislazione in materia pensionistica la mattina per poi smentirlo nel pomeriggio. Lo avesse fatto il Presidente del Milan (e del Consiglio), si alzerebbero i lamenti di tanti e il Financial Times, lo stesso giornale che ha parlato di Pigs, ritirerebbe fuori la questione che Silvio Berlusconi è “unfit to lead”, inadatto a governare. Ma se Berlusconi e Tremonti hanno tenuto a freno la spesa ed evitato i guai nei quali si dibattono i nostri vicini mediterranei (il Portogallo ha visto addirittura andare deserta un’asta di titoli pubblici), che dire di Zapatero? No puede màs gobernar? La Spagna era il Paese dei sogni, dei diritti civili, dello sviluppo più rapido di quello del nostro Paese. Ci si è già dimenticati che lo sviluppo dell’economia iberica è stato fondato, molto più che altrove, sulla bolla edilizia, e che lo stesso presidente del Real Madrid, Florentino Perez è, in fondo, un palazzinaro? Il club dei PIGS non esiste, e  non saranno le élites intellettuali della sinistra europea a decretarne la composizione ed i criteri di ammissione: ma a parte fare proprio il motto di chi riflette prima di parlare, forse si potrebbe cominciare ad essere onesti intellettualmente e, vivaddio, prendere atto del sano realismo italiano.

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Banche Borsa Rischi Vigilanza bancaria

Fra ratios e cedole.

Siena, Piazza del Campo

Gabriello Mancini, presidente della Fondazione Monte dei Paschi, a proposito dell’intenzione di Giuseppe Mussari, presidente di Banca Montepaschi, di evitare, o quasi, di erogare il dividendo, in vista del necessario rafforzamento della Banca -Basilea 3 essendo alle porte- ha dichiarato: “Vogliamo che la banca sia in salute, ma ci sono anche le esigenze della Fondazione”. Quest’ultima ha accettato, sul bilancio 2008, una riduzione ad un sesto di quanto erogato nell’anno precedente della cedola di propria competenza. Nel frattempo, la crisi ha presentato il suo conto al sistema bancario, tanto più debole e bisognoso di iniezioni di capitale, Basilea 3 o no, a seconda che si fosse lanciato in rischi eccessivi e/o avesse proceduto ad acquisizioni troppo care. Montepaschi, per quanto è dato di sapere, fa parte della seconda categoria, per la nota vicenda Antonveneta.

Non sarebbe male, tuttavia, rammentare a Gabriello Mancini che, nonostante si sia in un anno elettorale, la mucca non può essere munta all’infinito. E, d’altra parte, riesce difficile pensare che la folle avventura di Mussari dell’acquisizione degli sportelli Antonveneta non fosse stata approvata e pianificata in pieno accordo con la Fondazione. Ora però si tratta di condividere una dieta, perché non solo non esistono pasti gratis, ma si sono anche ridotte le porzioni. Non dovrebbe essere difficilissimo, dal momento che la Fondazione è l’azionista di maggioranza assoluta, prendere decisioni. O no?

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Borsa Unicredit

Se ami la Roma, fattela da solo.

Francesco Totti

Prende corpo il progetto di azionariato popolare per la Roma. Sulla scorta di quanto già attuato da Real Madrid e Barcellona, l’idea è quella di riportare la Roma ai fasti del passato, attraverso un progetto che coinvolga tifosi eccellenti -si parla di Romiti, D’Alema, Venditti- in un nocciolo duro di azionisti che garantisca alla società risorse e management adeguati.

A prescindere dalla mia fede calcistica personale, ritengo che il calcio sia un affare a perdere, come dimostra la crisi dei tanto decantati club inglesi della Premier, i cui conti, vedi Manchester United, sono tutt’altro che floridi. Nella realtà, con buona pace di Fabio Monti che sul Corriere di oggi ritorna sull’acquisto “inutile” di Ricardo Quaresma, dimenticando gli altrui acquisti inutili, nel calcio occorre avere molti soldi da gettare, letteralmente, via: con soddisfazioni, come si direbbe in Borsa, per nulla garantite, spesso volatili e altalenanti.

L’iniziativa è lodevole -sono convinto che se fossi romanista aderirei, da tifoso, non da investitore- gli esiti non sono scontati, anche se il progetto viene verificato e confrontato, con tutti i crismi, con organi ufficiali dell’UEFA, ovvero la Supporters Direct di Londra. Ma come si fa a dimenticare che Unicredit, dopo l’incorporazione di Capitalia, è il principale azionista e creditore della famiglia Sensi, vantando spettanze per oltre 300 milioni a seguito di morosità pregresse? Quanto ai conti del Real Madrid e del Barcellona, ho in animo di studiarli, per capire la fattibilità del progetto. AAA cercasi studenti per una tesi su calcio e finanza.

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Banche Rischi Risparmio e investimenti

Diversificare necesse est.

Rocca Salimbeni, sede di Banca Montepaschi Siena

Giancarlo Barbieri, responsabile della rete di filiali di Monte dei Paschi, in un’intervista comparsa sul Sole 24 Ore di mercoledì 3 febbraio, sostiene che il portafoglio dei risparmiatori italiani sia “eccessivamente improntato alla prudenza. Adesso c’è lo spazio per attuare una maggiore diversificazione.” E ancora: “è il momento di guardare con fiducia a strumenti di risparmio gestito meno conservativi, (..) Montepaschi ha una piattaforma (sic) di consulenti molto preparata.”

I consulenti in questione non devono essere stati interpellati al momento dell’acquisizione degli sportelli di Antonveneta, e poi rivenduti per ragioni di antitrust, al di sotto del prezzo di costo. Ma, soprattutto, oltre che offrire “piattaforme di consulenti”, occorrerebbe offrire cultura ed educazione finanziaria, capacità di collegare i fabbisogni e gli obiettivi dell’investimento con gli strumenti, individuare correttamente la combinazione rischio-rendimento. Montepaschi è una grande banca, di grandi tradizioni. Ma le grandi tradizioni non salvano dal moralismo di certi bilanci sociali, di cui già si è parlato in questo blog: e, quel che è peggio, non garantiscono la capacità di assistenza al cliente, nei termini che dovrebbero servire, anzitutto, a lui.

Per la cronaca, il titolo Montepaschi nell’ultimo anno ha guadagnato il 10,3%, negli ultimi tre anni ha perso il 72,62%.