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Banca d'Italia Banche

C’eravamo tanto amati.

Quando finiscono i grandi amori, le parole che si scambiano gli innamorati mettono tristezza. Leggere quanto afferma Giampiero Fiorani di Antonio Fazio, colui che lo chiamava nel cuore della notte per comunicargli che aveva autorizzato una scalata, quella ad Antonveneta, che non solo non avrebbe dovuto essere autorizzata, ma che non avrebbe neppure dovuto essere comunicata in quel modo -consentendo, per esempio, a Fiorani o a chi per lui, di mettere in atto pratiche di insider trading e di market abuse– mette, appunto, un po’ di tristezza.

Certamente è comprensibile che quando ci si trovi nei guai, si cerchi di scaricare i compagni di avventure. Prima di Fiorani, lo ha fatto lo stesso Fazio, in dichiarazioni rese allo stesso Tribunale di Milano. Ma arrivare, come ha fatto Fiorani, che l’uomo che lui avrebbe baciato sulla fronte, come da intercettazioni, gli torna in mente come un incubo, tutte le notte, via, non è da gentleman.

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Banche

Domatori vs/ speculatori.

Botero, Il domatore

Marco Onado, con la consueta lucidità, in un commento apparso sul Sole 24 Ore esorta a piantarla con la consueta lagna sulla speculazione che, questa volta, colpirebbe i paesi latini. Lagna moralistica che, al solito, scarica sulla speculazione “cattiva” i problemi dei fondamentali delle economie sotto attacco, Grecia, Spagna, Portogallo e via suineggiando. Solo che di moralismo, durante e dopo la crisi, ne abbiamo avuto fin troppo. Il realismo, virtù cristiana, purtroppo scarseggia nell’arsenale dei governi, per giunta timorosi, come ricorda Onado, di compiere il loro dovere di domatori. Non della speculazione, ma dei loro Paesi.

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Crisi finanziaria Lavoro PMI

Progetto esistenziale.

Valerio Adami, City

Fra le persone arrivate da tutto il Veneto  per partecipare alla costruzione della fondazione antisuicidi, c’era anche una ragazza. Venuta per conoscere gli imprenditori che vorrebbero aiutare altri artigiani a non fare ciò che ha fatto suo padre all’inizio della crisi. Cioè togliersi la vita. E ci ha spiegato qualcosa del lato oscuro dell’incensata cultura d’impresa nordestina: “Da noi gli uomini entrano in casa, dopo dodici ore di lavoro, e per svagarsi continuano a lavorare perché il loro progetto esistenziale, familiare, si identifica esclusivamente con quello imprenditoriale. Vincolato alla catena delle generazioni precedenti che hanno costruito il riscatto sociale per figli e nipoti. E infatti tutti temono più dell’inferno l’abisso di una vita terrena condizionata dal fallimento, dalla perdita della terra promessa”.

Cristina Giudici, Il Foglio, 9 febbraio 2010

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Crisi finanziaria

Gestire la propria disperazione.

Mario Sironi, Paesaggio urbano

In ogni caso il problema è serio. E infatti un imprenditore edile, Rocco Ruotolo, sta ricevendo telefonate da tutta Italia e su facebook ha messo insieme già 200 persone per creare una fondazione di microcredito per prevenire i suicidi e aiutare i piccoli imprenditori a gestire la propria disperazione. L’obiettivo concreto è di raccogliere un milione di euro, ma quello sottinteso è di natura culturale: “E cioè aiutare i veneti ad accettare che ci si può anche fermare, tornare indietro”, spiega al Foglio lui, che è originario di Avellino.

Cristina Giudici, Il Foglio, 9 febbraio 2010

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Banche Felicità fiducia Imprese Lavoro

Una fragilità esistenziale (il lunedì arriva sempre la domenica pomeriggio).

Mario Sironi

Lo scrittore Massimo Lolli, che alla vergogna sociale di un manager vicentino rimasto disoccupato ha dedicato un bellissimo racconto, “Il lunedì arriva sempre la domenica pomeriggio” (Mondadori), ha intravisto in questa geografia dell’infelicità nordestina che sta emergendo con prepotenza – nonostante il silenzio che circonda i drammi privati il tentativo di liquidarle come faccende private – l’altro lato, molto fosco, dei trofei veneti: “L’iperindividualismo, che non permette a chi si trova in difficoltà di chiedere aiuto, se non alle banche, va osservato all’interno di un contesto comunitario, fondato su una rigida gerarchia sociale. Che impedisce a chi si trova nei guai, di poter affrontare il fallimento del proprio progetto imprenditoriale”, dice Lolli al Foglio. “Il disagio non è provocato dalla passione per il lavoro, quella è diffusa anche nel nordovest, ma dall’impossibilità di non mantenere un tenore di vita da ostentare davanti alla propria comunità”, osserva lui, che è un manager scrittore napoletano, immigrato a Vicenza. “E non va sottovalutata l’ossessione per il successo, perché in Veneto nessuno si accontenta di emergere: qui tutti vogliono essere sempre Marchionne. La loro competitività ha creato una sequenza di straordinarie eccellenze, ma ha anche costruito una vulnerabilità sociale, una fragilità esistenziale provocata da una semplice certezza: l’idea del fallimento non viene presa in considerazione, semplicemente non può né deve realizzarsi”.

Cristina Giudici, Il Foglio, 9 febbraio 2010

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Crisi finanziaria Disoccupazione fiducia Imprese Indebitamento delle imprese Lavoro

Chiudo l’azienda lunedì.

Mario Sironi, Periferia

“Non ce la faccio ad andare avanti, chiudo l’azienda lunedì”, ripeteva spesso, ma poi arrivava sempre al lunedì successivo e nessuno è riuscito a intuire quanto fosse profondo il tormento celato fra le pieghe del suo pessimismo.

“Noi lo ripetiamo da mesi. La risposta alla crisi, alla stretta del microcredito, è l’accorpamento, creare una rete di aziende che possano diversificare la produzione e affrontare così la riduzione degli ordini, la mancanza di liquidità”, dicono e ribadiscono i dirigenti delle associazioni di categoria. Come se fosse possibile cambiare l’humus culturale, l’orizzonte esistenziale, che ha reso i veneti protagonisti del proprio miracolo. E incapaci di pensare che dopo la crescita, continua, ci si sarebbe anche potuti fermare. Come se fosse possibile modificare l’individualismo imprenditoriale, familiare, creato grazie alla creatività ossessiva verso il proprio lavoro, che però può trasformarsi in una patologia psicologica.

Cristina Giudici, Il Foglio, 9 febbraio 2010