
Lo scrittore Massimo Lolli, che alla vergogna sociale di un manager vicentino rimasto disoccupato ha dedicato un bellissimo racconto, “Il lunedì arriva sempre la domenica pomeriggio” (Mondadori), ha intravisto in questa geografia dell’infelicità nordestina che sta emergendo con prepotenza – nonostante il silenzio che circonda i drammi privati il tentativo di liquidarle come faccende private – l’altro lato, molto fosco, dei trofei veneti: “L’iperindividualismo, che non permette a chi si trova in difficoltà di chiedere aiuto, se non alle banche, va osservato all’interno di un contesto comunitario, fondato su una rigida gerarchia sociale. Che impedisce a chi si trova nei guai, di poter affrontare il fallimento del proprio progetto imprenditoriale”, dice Lolli al Foglio. “Il disagio non è provocato dalla passione per il lavoro, quella è diffusa anche nel nordovest, ma dall’impossibilità di non mantenere un tenore di vita da ostentare davanti alla propria comunità”, osserva lui, che è un manager scrittore napoletano, immigrato a Vicenza. “E non va sottovalutata l’ossessione per il successo, perché in Veneto nessuno si accontenta di emergere: qui tutti vogliono essere sempre Marchionne. La loro competitività ha creato una sequenza di straordinarie eccellenze, ma ha anche costruito una vulnerabilità sociale, una fragilità esistenziale provocata da una semplice certezza: l’idea del fallimento non viene presa in considerazione, semplicemente non può né deve realizzarsi”.
Cristina Giudici, Il Foglio, 9 febbraio 2010