
Fra le persone arrivate da tutto il Veneto per partecipare alla costruzione della fondazione antisuicidi, c’era anche una ragazza. Venuta per conoscere gli imprenditori che vorrebbero aiutare altri artigiani a non fare ciò che ha fatto suo padre all’inizio della crisi. Cioè togliersi la vita. E ci ha spiegato qualcosa del lato oscuro dell’incensata cultura d’impresa nordestina: “Da noi gli uomini entrano in casa, dopo dodici ore di lavoro, e per svagarsi continuano a lavorare perché il loro progetto esistenziale, familiare, si identifica esclusivamente con quello imprenditoriale. Vincolato alla catena delle generazioni precedenti che hanno costruito il riscatto sociale per figli e nipoti. E infatti tutti temono più dell’inferno l’abisso di una vita terrena condizionata dal fallimento, dalla perdita della terra promessa”.
Cristina Giudici, Il Foglio, 9 febbraio 2010