In un articolo sul Sole 24 Ore di giovedì 18 febbraio, Nino Ciravegna riporta il parere di Maurizio Marchesini, presidente di Unindustria Bologna, che a proposito di credit crunch e della necessità di ottenere più prestiti per il rilancio, afferma che ”gli istituti nelle proprie valutazioni continuano a prestare più attenzione ai numeri dei bilanci che agli asset immateriali, ricerca, marchi, brevetti, know-how, mercati. E questo penalizza soprattutto le imprese che investono e fanno ricerca e sviluppo.”
Per favore, non ricominciamo con la consueta manfrina degli intangibles, quella che poi conduce all’altra ben nota litania –la creazione di valore- per condurre al crack Burani (1/3 dell’attivo era rappresentato da intangibles, i debiti very tangibles) e non solo. Per favore, evitiamo di evitare i numeri: hanno una loro crudezza, una loro feroce bellezza ed una evidenza impareggiabile, basta fare la fatica di saperli leggere. Dopo aver rimpatriato la bellezza di quasi 100 miliardi, non si può battere cassa in banca, come se niente fosse, ritirando fuori gli intangibles.
Abbiamo già dato.