Elkann si è guadagnato qualche secondo di visibilità con un inopportuno intervento nella sfida che ha visto poi LA battere di due punti la squadra nella quale militano gli italiani Andrea Bargnani e Marco Belinelli. Elkann, seduto in prima fila allo Staples Center, a 1’48” dalla fine della partita ha interferito in un’azione offensiva dei Raptors: ha toccato il pallone impedendo allo spagnolo Josè Calderon di recuperare la sfera.
Sul Sole 24 Ore Job di oggi compaiono i risultati di un’inchiesta sul lavoro giovanile e le scelte che lo determinano, la cui sintesi è efficacemente descritta come segue: i giovani vorrebbero il posto fisso e vicino a casa. Nel servizio un’intervista, in particolare, è illuminante, perché mostra come le scelte siano frutto quasi esclusivo di calcolo, di convenienza. Sì, è vero, lavorare all’estero è bello, è interessante ma bisogna spendere per mettere su casa, ma ci sono problemi di doppia imposizione, etc…
Non penso che la questione si risolva definendo bamboccioni coloro che non scelgono e che hanno paura persino di mettere su casa con qualcuno, criticandone gli atteggiamenti pure, a volte, assolutamente indisponenti. La questione è di educazione, ovvero chiama in causa gli adulti, i genitori, le famiglie. Di un’educazione che non è gusto per il rischio e per l’avventura, che non insegna a stare di fronte alla realtà, ma che cerca solamente di difendere e di proteggere. Come un grande educatore ci ha insegnato, la cultura nella quale siamo immersi fa in modo che i genitori non siano come persone che stanno dietro i giovani che camminano e che, avanzando, si graffiano, cadono, si fanno male, rischiano e, affrontando la realtà, imparano cosa sia davvero la vita. No, i genitori hanno insegnato ai figli a stare dietro: protetti, coccolati ed al riparo da graffi e cadute, davanti stanno loro, a protezione.
Così si evita tutto, nel male e nel bene: ed il gusto per l’avventura, non necessariamente esotica, svanisce insipido in una pianificazione che non ammette imprevisti, perché non saprebbe come affrontarli. Montale diceva che un Imprevisto è la sola speranza. Ma anche l’Imprevisto deve fare i conti con la libertà personale, con una mossa di libertà che nessuno può decidere al posto nostro.
“The Hurt Locker” è un film minuscolo nei mezzi, grandioso nei risultati, senza un dettaglio cinematografico fuori posto. Il contrario di “Avatar”, che con 500 milioni di dollari fabbrica un pianeta fantastico con il nome sbagliato: Pandora portava guai, non pace e armonia. Cameron dimentica che il denaro bisogna saperlo spendere. Magari prendendo esempio dalla Pixar, che con “Up” ha vinto nella categoria film di animazione: scrivere e riscrivere la sceneggiatura, disegnare e ritoccare ogni peletto delle sopracciglia del vecchietto Karl, perfezionare ogni scodinzolamento dei cani parlanti. Alla fine però lo spettatore non dice: “Guarda come hanno disegnato bene le sopracciglia”. Si appassiona al vecchietto e ai suoi palloncini.