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ABI Banche Unicredit

Alta reputazione e diritti di voto.

Le dichiarazioni di Giovanni Bazoli circa un via libera di Intesa a Mussari per la presidenza dell’ABi rafforzano il convincimento di chi punta sul nome espresso da Siena per la poltrona dell’Associazione che raggruppa i banchieri, in particolare di Alessandro Profumo, a.d.di Unicredit. E’ noto che quest’ultimo aveva espresso il convincimento che le grandi banche dovessero contare di più in ABI, nonostante proprio per un gentlemen agreement le stesse autolimitino il loro peso nell’associazione. Se contassero i voti per il loro peso, avrebbe indubbiamente ragione Profumo: e, di norma, così dovrebbe essere. A Profumo ha risposto il presidente di Carifossano, Giuseppe Ghisolfi, in rappresentanza dei piccoli, sostenendo che “le banche territoriali godono di un’alta reputazione presso il pubblico”. Ma la presidenza dell’ABI, e Profumo dovrebbe saperlo, non può essere semplicemente espressione di quelle grandi banche, Unicredit e MontePaschi in primis, che negli ultimi anni, quanto a reputazione, non hanno proprio brillato. La questione  fa venire alla mente il grande Enrico Cuccia, fondatore e guida di Mediobanca, quando affermava che i voti si pesano e non si contano. Certo, l’ambito è diverso e la frase del grande banchieri siciliano era strumentale al ruolo della grande banca d’affari milanese nel capitalismo italiano. Ma sarebbe il caso di continuare a pesarli, quei voti in ABI, non appunto in base alla dimensione, bensì alla reputazione.

Di johnmaynard

Associate professor of economics of financial intermediaries and stock exchange markets in Urbino University, Faculty of Economics
twitter@profBerti

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