La presunta truffa ai danni del Comune di Milano, il cui funzionamento riecheggia quello di tante situazioni analoghe, viste sia per gli enti pubblici territoriali, sia per le piccole e medie imprese, ha smosso l’amor patrio del Financial Times e di altri quotidiani anglosassoni, preoccupati per la deriva “giustizialista” della Procura di Milano, che se la prende con Jp Morgan, Deutsche Bank, Ubs e Depfa perché, appunto, sarebbero banche estere. Anzi, come ricorda la celeberrima rubrica Lex Column, le banche sarebbero “facili prede” sui cui avventarsi ed il Comune di Milano non starebbe facendo bella figura, poiché i derivati sottoscritti sono diffusi in tutta Europa.
A parte l’uso strumentale -di pessimo giornalistico- delle inchieste giudiziarie, valide e ben fatte quando servono per definire il Presidente del Consiglio “unfit to lead”, molto meno condivisibili se toccano il cuore dell’industria (unica) nazionale britannica, i giornalisti che si stanno occupando di difendere l’indifendibile ignorano o fingono di ignorare ciò che conosce persino il redattore di queste note (che sostiene da tempo che i professori universitari sono, absit iniuria verbis, tonti). Ovvero che esistono divisioni e settori, soprattutto nelle grandi banche internazionali, che si occupano di inventare prodotti finalizzati a procurare utili alle banche stesse, ai danni della clientela. Piuttosto, derivati o no, sarebbe ora di fare qualche ragionamento, perlomeno in Italia, su natura, qualità e durata del fabbisogno finanziario degli enti pubblici. I debiti, come insegna la tecnica bancaria, non cambiano consistenza, se si modificano le condizioni di tasso: e, soprattutto, ciò che non si modifica è la capacità di rimborso.
Buon lavoro ai Pubblici Ministeri. E per quello che ho visto in passato (caso Parmalat) buon lavoro ai colleghi che assisteranno le banche in questione: loro hanno già vinto.