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Piccolo è (davvero?) bello.

La fine del Vinitaly, che ho seguito non da vinificatore, ma da analista di bilanci del settore ha stimolato molte riflessioni. Da quella fatta dall’amico Gabriele, uno dei giovani imprenditori di Confbottiglia, traggo spunto per qualche ragionamento. Arido, senza cuore, privo di sentimenti: ma secondo me necessario.

Io non credo che piccolo sia bello “a prescindere”. Nel contempo sono assolutamente certo che tutti gli aspetti positivi dell’essere “artigiani” abbiano una valutazione extra-economica, non quantificabile, e che risiede nell’autorealizzazione personale, nella soddisfazione per le cose fatte bene e con le proprie mani. Il problema è che la dimensione non è un’invenzione degli economisti o dei ragionieri, è ciò che mi consente di stare a galla oppure no, perché con una certa dimensione si sopravvive, raggiungendo un certo livello di vendite, superiore al punto di pareggio. Sotto quel livello, si affoga. Anche se si fa qualcosa di bello, speciale, particolare, con le proprie mani: i conti, gli hard numbers, come li chiamano negli USA, costringono a fare i conti con la realtà. Perlomeno, e da questo punto mi piacerebbe che si cominciasse a riflettere, sul fatto che dalla produzione in avanti occorre distribuire, commercializzare, farsi vedere. Ne parliamo?

Di johnmaynard

Associate professor of economics of financial intermediaries and stock exchange markets in Urbino University, Faculty of Economics
twitter@profBerti

9 risposte su “Piccolo è (davvero?) bello.”

Quindi, caro prof, cosa ci dici?
Non è che ci converrebbe comprare altra terra? Peccato che nemmeno tutta l’uva che ho la vinifico (il che mi permetterebbe di fare qualche “number” in più) ma anche se lo facessi, poi a chi vado a venderlo il mio vino?
Non sono nemmeno capace di vendere quel poco che faccio adesso…..
Ciao.

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Ciao Gabriele, non penso proprio che comprare altra terra sia una buona idea, temo che aggraverebbe il problema, afflitti come siamo da una bolla immobiliare in piena regola anche nei campi, con prezzi che non è che siano fuori mercato perché lo dico io (se qualcuno compra e qualcun altro vende ad un certo prezzo, quello è un prezzo di mercato), ma sono fuori mercato perché il recupero dell’investimento non avverrà mai. Mai. Da dicembre scorso mi occupo, insieme ai colleghi del nostro gruppo, di grandi gruppi vitivinicoli in crisi, ed ognuno di essi ha fatto investimenti eccessivi, surdimensionati, sbagliati come tempi e, soprattutto, privi di adeguato ritorno economico (se non per i venditori, toscani, siciliani et alio). Comprare altra terra non serve, non abbiamo un problema di produzione, ma di distribuzione e commercializzazione, da migliorare e rendere più efficiente. Poi potremo parlare di investimenti mirati, sapendo però che i ritorni nel settore sono assai modesti. E questa è una triste verità che va detta.

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Ciao di nuovo, e perdona l’estemporaneità dei commenti: preferisco dire le cose che mi premono, magari rischiando un po’ di frammentazione, ma facendo in modo che si rifletta insieme e che, soprattutto, possa servire. Dare giudizi fini a se stessi non serve a nulla, non è nemmeno il mio lavoro: il mio lavoro, in università, in banca o in un’azienda, è immedesimarmi con delle persone, lavorare con loro su criteri e giudizi. Bisogna ripartire da quello che tu stesso dici, ovvero che se non vinifichi neppure tutta l’uva che produci e che se anche lo facessi, avresti un problema di distribuzione (che ti rimbalzerebbe come magazzino invenduto, ovvero come spugna del circolante). Forse è il caso di cominciare a chiedersi fino a che punto valga la pena e quali siano le coordinate da rispettare per avere, perdonami il gioco di parole, rispetto di sè stessi e della propria fatica: per esperienza diretta, e per avervi conosciuto, so che fate dei prodotti fantastici, mi piacciono le vostre etichette e quello che c’è dentro. ma il prof.Berti non è molto attendibile come consumatore, temo: eppure il problema è dall’imbottigliamento in poi.
Un’ultima cosa: il riferimento agli hard numbers non aveva per oggetto la necessità di fatturare a tutti i costi di più (come insegna il prof.Ripani, il fatturato è vanità, l’utile è verità, la cassa è realtà) ma al fatto che si debbano fare i conti per capire fino a che punto conviene fare che cosa…riparliamone!

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Se uno guarda al “cosa conviene fare che cosa”, allora tanto per cominciare dovrebbe togliersi dalla testa l’agricoltura.
Ma ci pensi che il grano nel 1946 leggi MILLENOVECENTOQUARANTASEI, costava 7000 lire/al quintale e adesso ne costa 24000 (cioè 12 euri) con il pane che costa 3 €/kg. , ogni tanto si vorrebbe anche provare a discutere, ma come si fa? Io ho speso tutti i soldi che ho guadagnato nella mia vita in quel fazzoletto di terra che visito ogni mattina (che ho anche avuto la sfiga/fortuna che non ho dovuto acquistare) perchè ci credevo….sì ci credEVO. Povero illuso…
Ciao.

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Dai Gabriele non essere catastrofico, io hodel culo-prof scusa non è un francesismo bensì un termine tecnico- che il lambro si vende da solo poi sto provando a capire quello che la gente vuole,soddisfazione del cliente finale,e poi ho le pere che mi salvano!!!!Perchè non fare un bel rosato con il tuo bel sangio..o un metodo classico dai che ne parliamo di persona.Scusate le divagazioni extra finanziarie ciao e buona notte( e l’inter è 2….)

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Magari fossi in ferie come quel fetente di Giampaolo ( a lui lo salvano le pere !), è che purtroppo questo genere di discorsi ti toglie un po’ la voglia di discutere perchè più ne parli e più ti sembra di essere in un vicolo cieco come si capisce dalle parole disilluse di Gabriele. D’altra parte forse discuterne insieme è il solo modo per uscirne fuori non in braghe di tela.
Allora dico se piccolo non è così bello è possibile mettersi insieme per non essere più così piccoli, collaborare in modo efficace ed intelligente per creare delle economie che ci permettano di rimanere sul mercato ?
Oppure dobbiamo inventarci di affinare il vino in vasche di argilla del Caucaso per avere un po’ di visibilità e vendere quattro bottiglie in più.
Forse il prof potrebbe darci un aiutino per dirimere la questione…
grazie.

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Intanto sentiamo quello che hanno da dirci i più “grossi” martedì pomeriggio, poi vediamo.
Quel fedendone di GP se ne va alle Canarie, beato lui che può; io, che non ho le pere che mi salvano, sono costretto a star qua a lavorare e a cercare di inventarmi qualcosa, tipo l’uso di un lievito selezionato nella mia vigna tramite anni e anni di isolamento e ottenimento di un prodotto così particolare 😆 😆 .
A proposito leggi qui:
http://www.intravino.com/vino/alessandro-dettori-e-letichetta-trasparente-del-vino/
Ce ne sarebbe da dire…

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