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Banche Crisi finanziaria Germania USA Vigilanza bancaria

Allontanare (?) i rischi.

La riforma del sistema finanziario introdotta dalle due camere USA, pur se non segna una svolta epocale -la lobby dei banchieri continua ad essere molto ben rappresentata nei palazzi del potere americani- è tuttavia sempre qualcosa in più di quanto abbia fatto l’Europa, che insegue affannosamente la Germania, prima della classe che non vuole far copiare i compiti.

Quanto al divieto del proprietary trading, come afferma Christopher Dodd, il senatore democratico autore della riforma – il suo obiettivo primario è “ridurre la partecipazione in attività altamente richiose da parte di quelle istituzioni finanziarie che sono “centrali” al sistema; il secondo è di porre un deciso stop all’utilizzo di fondi a basso rischio, assicurati dal Governo, per attività altamente speculative”. Si è così concretizzata l’idea dell’ex-governatore della Federal Reserve, Paul Volcker (la c.d.Volcker rule), deliberata nonostante l’ostilità delle banche.

Meno convincente appare la soluzione escogitata per la negoziazione degli strumenti finanziari derivati, per la quale sono state poste limitazioni alle banche USA, che non potranno più svolgere tale business direttamente ma solo attraverso apposite società costituite ad hoc, che potranno, nelle intenzioni del legislatore americano, essere fatte fallire senza pregiudizio per il sistema bancario. In sostanza, se i rischi non sono nel mio portafoglio, ma nel portafoglio di una controllata o di una partecipata, la partecipata può fallire e la banca non ne risentirà.

L’idea non pare convincente. La storia della crisi insegna che i titoli tossici erano stati sì allontanati dai bilanci degli originators, ma senza scomparire, infilati senza troppi scrupoli nei portafogli degli investitori di mezzo mondo; e infatti il loro “ritorno” ha segnato le difficoltà economiche e finanziarie di tanti intermediari. Pare difficile, in sostanza, immaginare che il fallimento di un intermediario specializzato nella gestione di assets ad alto rischio non si rifletta, perlomeno in termini di perdite di bilancio -dunque sul patrimonio di vigilanza- della controllante, con conseguenza non dissimili da quelle, disastrose, già registrate nel recente passato. Può essere un’interpretazione viziata da pessimismo, ma si ha l’impressione che nel are pulizia, anziché portare via la spazzatura, la si accumuli un po’ più in là, dove non la si vede e non la si nota. Ma la spazzatura c’è, e si sta accumulando.

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Banche Banche di credito cooperativo Formazione Giulio Tremonti Lavorare in banca Sud Sviluppo

Fare banca in Sicilia.

Avevo già avuto una sensazione analoga anni fa lavorando con gli analisti del Banco di Napoli: gente tosta, preparata, in grado di discernere e valutare correttamente il merito di credito delle imprese, con un approccio serio e rigoroso, anche se non asettico.

Tre giorni passati in Sicilia, con una ventina di analisti ed addetti fidi del Credito Cooperativo mi hanno confermato che se il sistema bancario nel Mezzogiorno è scomparso, divenendo appannaggio di grandi banche del Nord, che al Sud fanno solo raccolta, la colpa non è della qualità del capitale umano, anzi. La colpa è di coloro che il sistema bancario hanno (mal)guidato e portato al fallimento, con scelte miopi, discutibili, frutto di criteri che di economico avevano ben poco.

Lavorare con queste persone fa capire che la Banca per il Sud, la “strana cosa” voluta da Giulio Tremonti non è appena un progetto che rischia di tramutarsi in un carrozzone, come più volte paventato da più parti. E’ inutile e soprattutto è costosa. Non mancano denari per i progetti, né persone abili e preparate in grado di valutarli: manca un ceto professionale ed imprenditoriale che abbia fatto della formazione del proprio capitale umano il punto di eccellenza del proprio lavoro, piantandola, finalmente, di scegliere in base ai contributi, ma in base ai criteri dell’equilibrio e dello sviluppo aziendale. Non dovrebbe essere un’impresa titanica.