Si è dato ampio risalto, nei gironi scorsi, dapprima negli States da parte del New York Times, poi nel resto del mondo, ai risultati emersi da un paper di John Blackburn e Sam Cunningham, intitolato Solar and Nuclear Costs . The historic crossover dal quale risulterebbe il minore costo dell’energia pulita, finalmente più conveniente del nucleare. Vari commentatori si sono occupati dell’argomento, fra questi segnalo, oltre al blog di Chicco Testa, anche Rod Adams nel suo blog. A parte le considerazioni sul piccolo problema della produzione di energia elettrica in assenza di sole (realizzabile solo con il carbone, il gasolio e, appunto, il nucleare) ciò che colpisce nel paper, come è stato sottolineato da Carlo Stagnaro e Daren Bakst sul Foglio di ieri, è che i due autori americani dimenticano, nel loro calcolo, l’incentivo fiscale federale e quello del North Carolina, lo stato rispetto al quale sono stati fatti i calcoli. Si tratta di cifre rispettivamente pari al 30 ed al 35 per cento, analogamente a quanto evidenziato in Italia. E i calcoli non cambierebbero se, anziché incentivare i consumi, li si defiscalizzasse: ovvero, come ricordano Stagnaro e Bakst, “anziché pagare i consumatori in proporzione a quanto consumano, lo farebbero i contribuenti i base a quanto dichiarano“.
Continuiamo ad essere così sicuri che il fotovoltaico sia più conveniente?