Il progetto del “bancone”, aziendalmente noto come One4C -o “Insieme per i clienti“-, è stato approvato il 3 agosto dal CdA di Unicredit. A parte la domanda su cosa fosse prima la banca: One4F(ondazioni)?; One4A(zionisti)? restano sul terreno 4100 esuberi nel triennio 2011-2013, con risparmi previsti per 770 milioni di euro. Unicredit è già competitiva rispetto ai concorrenti in termini di cost-income ratio, in diminuzione nel corso degli anni e inferiore alla media italiana di circa 2 punti. E intende puntare, oltre che sugli esuberi, anche nuovi inquadramenti, mobilità territoriale e professionalità, flessibilità d’ingresso. Tutto bene, dal punto di vista dell’azionista; e anche per gli economisti bancari, che affermano che le fusioni e le acquisizioni, con la crescita dimensionale, comportano vantaggi di costo.
Per una volta non sarebbe male provare a misurare, ex-post, i risultati dell’operazione anche per i clienti, che normalmente non vedono nulla dei vantaggi, che restano privati, ovvero in capo agli azionisti. Visto che i principali sono le Fondazioni con esponenti del calibro di Biasi e Palenzona, non c’è da stare tranquilli.