
In una intervista rilasciata oltre una settimana fa, l’ex-ministro per l’Economia, prof.Domenico Siniscalco, attualmente presidente di Assogestioni, sostiene con buone ragioni una messa a fuoco della politica economica sulla tutela del risparmio, auspicando incentivi in grado di stimolare investimenti di lungo periodo. Siniscalco allarga le sue valutazioni, non si limita a richiedere un fisco più clemente, soprattutto un fisco in grado di evitare la concorrenza dei Paesi esteri e la de-localizzazione finanziaria. Il Presidente di Assogestioni, in particolare, richiama i suoi associati a “cambiare: (l’industria del risparmio gestito) più che spingere prodotti deve offrire soluzioni, aiutare i risparmiatori a compiere le migliori scelte d’investimento.” Ecco, leggendo le dichiarazioni, sacrosante, di Siniscalco, è difficile non ricordare che a giugno il controvalore degli ETF (exchange traded fund) scambiati a Piazza Affari ammontava a 36 miliardi, ben oltre il 50% in più dell’anno precedente alla stessa data (il valore a giugno 2009 era pari a 23 miliardi). E che la raccolta netta dei fondi di diritto italiani, alla stessa data, è diminuita di ulteriori 10 miliardi. Una componente del successo degli ETF sono senza dubbio le basse commissioni di gestione (0,4% secondo i dati di Banca d’Italia). Ma se l’unica motivazione per comprare ETF, strumenti che replicano passivamente indici o panieri di indici, risiede nei costi, quanto è indifferenziato il mercato del risparmio gestito? E quanto poco “gioca” l’informazione e l’educazione finanziaria sull’argomento?