
Antonella Olivieri, sul Sole di mercoledì 11 agosto, rileva la perdita di appeal di Piazza Affari, che anche dopo la fusione con la Borsa di Londra continua a quotare meno di 300 imprese e che vede gli scambi dominati dai day-trader, ovviamente concentrati sui titoli più liquidi. Seguendo un ritornello già molto ascoltato e già molto in voga negli anni passati, Olivieri, riportando il pensiero di Michele Calzolari, presidente di Assosim, non si sottrae dallo stigmatizzare che le “società di media capitalizzazione sono trascurate e questo è indubbiamente un freno alle nuove quotazioni, considerato il nostro tessuto industriale“. Neppure la presenza a Londra di fondi specializzati in Pmi sembra essere risolutiva.
Poiché dunque manca l’appeal, sarebbe il caso di farsi l’unica domanda che nessuno si fa mai: perché non gli/le piaccio? Oppure, meglio ancora, siamo sicuri che sia interessato/a? Come ben pochi studiosi hanno rilevato in tempi non sospetti (di Toro, per intenderci), il problema della Borsa Italiana non pare essere né il mercato in quanto tale -ormai caratterizzato da requisiti molto blandi per la quotazione- né i capitali in caccia di opportunità di investimento: il vero problema è di offerta. Ovvero di quante imprese abbiano, e soprattutto perché, voglia di quotarsi. Perché se mancano le aspiranti Miss, che ci va a fare il pubblico al concorso di bellezza?
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