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Stress test & marketing.

Alessandro Penati su Repubblica del 14 agosto, sottolinea con grande lucidità alcuni aspetti, perlopiù sottaciuti, degli stress test, affermando che “per tranquillizzare le Borse, il vertice dei Capi di Governo Ue di metà giugno aveva deciso di sottoporre a stress test i bilanci delle banche: da aprile, infatti, gli investitori, sempre più preoccupati della possibile stagnazione e di un’ eventuale crisi del debito pubblico, avevano cominciato a vendere, innescando un ribasso generalizzato -30% alla vigilia del vertice), con i titoli bancari a guidare la caduta. Da questo punto di vista, gli stress test sono stati un successo: la Borsa ha cominciato a recuperare terreno, almeno fino a qualche giorno fa, trainata dai bancari, che si sono riportati ai livelli di metà aprile. Più che i risultati del test, è stato però l’ effetto annuncio a cambiare l’ umore della Borsa: se davano finalmente il via libera, i governi europei dovevano essere certi che il sistema bancario avrebbe superato la prova. Per il mercato, bastava.”

Ecco, appunto, bastava. Ma non basta, secondo Penati, per far ripartire il mercato del credito, ancora in contrazione, problema del quale avrebbero fatto meglio ad occuparsi più efficacemente i governanti europei. Ma, soprattutto, Penati ci ricorda che la vera questione è ancora la (ri)capitalizzazione delle banche e le nuove regole di Basilea 3, tanto osteggiate dai banchieri. “Per far sì che le banche vogliano e possano assumersi più rischi, aumentando nel contempo la capacità del sistema di reggere future crisi, si deve imporre una maggiore patrimonializzazione: l’ obiettivo di Basilea III. Ma questo accordo è fortemente osteggiato dai banchieri, che temono la riduzione della redditività, e da molti governi che non vogliono rimescolamenti nella struttura proprietaria delle banche dei loro paesi. Mostrando un quadro di generale stabilità, lo stress test è stato un formidabile strumento di marketing, ma ha sottratto ai regolamentatori la più efficace arma di pressione per spingere gli aumenti di capitale.” Nell’attesa delle nuove regole, e della loro effettiva applicazione, si può guardare agli Stati Uniti, come fa Penati, che forse dimentica che proprio oltreoceano una disinvolta lettura dei criteri di applicazione dei coefficienti patrimoniale ha agito quale propellente della crisi: e guardare, più che alla BCE, al rimescolamento in atto nei rapporti di forza europei, con la Germania di Angela Merkel ormai lontana, dopo lo scatto del PIL. Se ne riparla.

Di johnmaynard

Associate professor of economics of financial intermediaries and stock exchange markets in Urbino University, Faculty of Economics
twitter@profBerti

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