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Banche Crisi finanziaria Liquidità USA

Perchè salvare una banca non è un delitto contro il popolo.

Perché salvare una banca non è un delitto contro il popolo.

Un interessante articolo di Marco Valsania sul Sole 24 Ore di ieri informa che il salvataggio delle banche, per chi non sia ideologicamente schiavo di pregiudizi semplicemente una realistica necessità, non solo non è stato un danno per l’erario dei Paesi che lo hanno attuato (USA, UK, Germania e Francia) ma si è risolto in un vantaggio per le casse statali, con plusvalenze addirittura pari a 3 miliardi di sterline nel caso di Lloyds Group. Usando un po’ meno l’ideologia e facendo propria la virtù del realismo, si riesce perfino a fare affari evitando il fallimento dei banchieri cattivi: a proposito del quale gli ideologi farebbero bene a ricordare che comporta, sempre e soltanto, drammatiche code agli sportelli.

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Banche Germania Unicredit

The Header

Perché Dieter Rampl si merita la header del blog? Perché, dimenticandosi di essere stato salvato da Alessandro Profumo quando era a capo della tedesca Hypoverein Bank, che stava per fallire, è diventato Presidente di Unicredit senza fare un plissè (chissà cosa ne pensa dell’argomento la signora Merkel?) e ha capeggiato la congiura di palazzo che ha tenuto banco nei commenti della scorsa settimana, finendo per defenestrare il CEO più arrogante d’Italia.

Leggere i commenti, i servizi giornalistici che parlano della comunità finanziaria in trepida attesa, quasi fosse una tribù primitiva di buoni selvaggi privata del suo sciamano, non fa sorridere, è assai irritante. Quegli stessi giornalisti che, durante il lungo regno di Profumo hanno fatto sempre interviste -e servizi- assai proni ed inginocchiati ed ora, oggettivamente, sembrano dimenticare la vera questione, ovvero quale concezione di banca fosse dietro il lavoro di Profumo (solo il Foglio ha sottolineato l’anodino e freddamente tecnico approccio del bocconiano ex McKinsey). E rispetto alla quale sarebbe ora di cominciare a chiedersi se il fare una grande banca internazionale sia davvero un valore in sé.

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Capitalismo

Lo hanno applicato male.

“Altro che cognati, siamo i veri rivoluzionari”. Ieri non c’erano i centomila partecipanti sognati, lo staff dice che sul prato verde “dove nascono le speranze” erano settantamila. Poco male perchè secondo Grillo quelli che sono a Cesena sono dei veri rivoluzionari: “Mentre i media parlano di nulla, parlano dell’appartamento del cognato, del fratello di Montecarlo, noi parliamo di energia: ce lo ricorderemo”.  “Noi siamo vivi, loro sono morti – ha ribadito ancora – il comunismo è morto perchè lo hanno applicato male, non sanno neanche perchè. Questo capitalismo è morto perchè non prevede la democrazia. Il welfare è in crisi in tutta Europa. Vorrei capire veramente cosa abbiamo da perdere – ha sottolineato ancora – l’Italia non è più assolutamente una democrazia. Ognuno di noi ha un debito di 30mila euro, è un Paese in default”.

Da Repubblica.it

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Crisi finanziaria Ripresa USA

We are still in recession.

On any common sense definition, the average American is below where he was before, or his family, in terms of real income, GDP,” Buffett said in a CNBC interview. “We’re still in a recession. And we’re not going to be out of it for a while, but we will get out of it.”

Intervista a Warren Buffett

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Banche Unicredit

Eroi?

Dieter Rampl, Presidente Unicredit

Unirsi al coro delle autorevoli deplorazioni non è cosa, si potrebbe anche tacere. Ma dopo aver letto per un giorno intero, complice un lungo viaggio di ritorno dalla Sicilia, che ieri sera, in piazza Cordusio, ha lasciato la carica un “eroe” del mercato, vittima della politica, suona alquanto strano: non per le logiche del potere manifestatesi ieri (ma non sono mai state fuori da Unicredit), quanto per l’ipocrisia di certi commenti. Il Sole 24 Ore è in prima fila, con i suoi editoriali, lamentando che l’economia di mercato sia stata lasciata fuori, che la politica impropriamente entri in campo, che non si lascia senza amministratore delegato la più grande banca del Paese, che Silvio Berlusconi è impegnato a fare altro, la Libia etc…

Eppure manca un pezzo, forse quello più importante: cosa ha fatto Unicredit in questi anni, cosa è diventata, a chi è servito, veramente, il suo fare banca.

La lettura prevalente è nota: le Fondazioni, in testa Cariverona, per conto della Lega, non hanno gradito l’arrivo dei libici, poiché sentivano di contare sempre meno e temevano di vedere ridotta la loro capacità di erogare risorse al territorio, intuendo che il disegno di Profumo guardava lontano, ad una banca sempre più internazionale. D’altra parte sono le stesse Fondazioni che, man mano che la banca cresceva non trovavano nulla da dire, accettando dividendi che di locale avevano ben poco; e che non si sono mai interrogate su quale politica del credito stesse facendo la banca di cui erano divenute socie. Quella grande banca che è diventata tale, non lo si deve dimenticare, perché qualcuno l’ha venduta, a peso d’oro, appunto a Unicredit.

Una grande banca, una volta raggiunta la dimensione di Unicredit, difficilmente accetta di svolgere la propria funzione di intermediazione in senso tradizionale ché, anzi, insegue continuamente la creazione di valore.

Come questo sia avvenuto forse non è noto alle Fondazioni, ma sarebbe il caso di ricordarlo, perché nella crescita della grande Banca di piazza Cordusio il territorio non c’entra nulla. Unicredit, dopo aver perseguito politiche creditizie perlomeno dubbie, ha ridotto gli impieghi, proprio nell’anno della grande crisi, di oltre il 7%, ha venduto derivati “tossici” a micro e piccole imprese, creando valore per l’azionista e disvalore per il territorio. Ha impostato la propria concezione del rapporto banca-impresa sulla transazione e non sulla relazione, ovvero ha affermato un’idea di relazioni di clientela la più distante possibile dalle necessità di un territorio, quello italiano, dove prevale la piccola impresa.

Siamo così sicuri che ieri sera abbia lasciato un eroe? E che buoni e cattivi siano suddivisi così nettamente?

A margine di tutto questo, è difficile non ricordare che il Presidente, più che decennale, di Fondazione Cariverona, ovvero Paolo Biasi, può annoverare fra le sue performances un’azienda fallita, finanziata, vedi caso, proprio da Unicredit, in palese conflitto di interesse e senza alcun senso dell’opportunità. Quella stessa banca che, peraltro, non ha mancato di sostenere, fra le altre, Mariella Burani e A.S.Roma. E’ questo il credito di qualità di cui c’è bisogno per il territorio?

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Economisti Giappone

But the Japanese don’t seem all that depressed.

“Japan’s problems now are the same as they were in the 1990s, when you were writing about them. It’s depressing.” So declared one economist I spoke to here. “But the Japanese don’t seem all that depressed,” objected another.

Paul Krugman, The New York Times

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Banche Unicredit

Ci sono o ci fanno?

Ma i gestori ci sono o ci fanno?

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Banche Unicredit

Non faccio parte del sistema (Profumo di lotta e di governo).

“Sono rientrato sabato scorso dall’America dove ero stato per un road show e nel pomeriggio una parte degli azionisti mi hanno detto che avevano deciso di sostituirmi”, ha confessato ieri Profumo ai suoi più stretti collaboratori. “La verità – ha detto ancora Profumo, secondo quanto riportato da fonti interne dell’istituto – è che sono un personaggio scomodo, non faccio parte del sistema, ho rifiutato la Telecom quando al governo c’era il centrosinistra, ho sbattuto la porta dal Cda Rcs”

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Banche

Responsabilità oggettiva (a chi servono i libici in Unicredit 2).

Si è già parlato fin troppo dell’ascesa della Libia in Unicredit, ma è difficile, in questi giorni, non pensare ad una vecchia norma del codice di disciplina sportiva che deferiva (e sanzionava) le società, per “responsabilità oggettiva” a causa dei comportamenti non proprio ortodossi delle tifoserie o dei tesserati. Profumo che nega di avere chiamato i libici o davvero non sapeva nulla -ed in tal caso fa una figura da tonto che riesce difficile immaginare veritiera- oppure sapeva, ed in tal caso ha probabilmente errato nel metodo. Difficile, invece, dargli torto nel merito, dal momento che perlomeno per la quota di Cariverona -quella per la quale il Presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, strilla che ci saranno scalate ed invasioni- i libici sono serviti a trovare denaro fresco e sottoscrivere i famosi “cashes“. Senza i libici il rafforzamento patrimoniale di Unicredit sarebbe stato inadeguato. E con Cariverona, a quanto pare, Profumo può contare su un socio che di stabile ha solo le pretese.

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Giulio Tremonti

Champagne e caviale.

«Il business dell’eolico è uno degli affari di corruzione più grandi e la quota di maggioranza francamente non appartiene a noi. (..) Con Berlusconi abbiamo già stilato un documento fatto di otto punti – ha spiegato Tremonti – che poi magari diventeranno cinque. Un punto che ci penalizza è quello del nucleare: noi importiamo energia. Mentre tutti gli altri paesi stanno investendo sul nucleare noi facciamo come quelli che si nutrono mangiando caviale, non è possibile. Non dobbiamo credere a quelli che raccontano le balle dei mulini a vento, le balle dell’eolico, vi siete mai chiesti perchè in Italia non ci sono i mulini a vento? Quello dell’eolico è un business ideato da organizzazioni corrotte che vogliono speculare e di cui noi non abbiamo certo la quota di maggioranza».

Giulio Tremonti palando di energia, nell’ambito della kermesse organizzata dal Pdl a Cortina d’Ampezzo.