Perché salvare una banca non è un delitto contro il popolo.
Un interessante articolo di Marco Valsania sul Sole 24 Ore di ieri informa che il salvataggio delle banche, per chi non sia ideologicamente schiavo di pregiudizi semplicemente una realistica necessità, non solo non è stato un danno per l’erario dei Paesi che lo hanno attuato (USA, UK, Germania e Francia) ma si è risolto in un vantaggio per le casse statali, con plusvalenze addirittura pari a 3 miliardi di sterline nel caso di Lloyds Group. Usando un po’ meno l’ideologia e facendo propria la virtù del realismo, si riesce perfino a fare affari evitando il fallimento dei banchieri cattivi: a proposito del quale gli ideologi farebbero bene a ricordare che comporta, sempre e soltanto, drammatiche code agli sportelli.
Una risposta su “Perchè salvare una banca non è un delitto contro il popolo.”
[…] La notizia dell’extra-rendimento ottenuto da Warren Buffett dal proprio investimento in Goldman Sachs, che deve parte del proprio salvataggio al guru di Omaha, fa riflettere. Sia per la misura, invero eccezionale, del rendimento ottenuto (grossolanamente pari a quasi il 75% in meno di 3 anni), sia per l’oggetto dell’investimento, ovvero il “diavolo” Goldman, la Spectre delle banche d’affari del globo. Buffett, com’è noto, investe solo in compagnie delle quali è in grado di comprendere il business e, a quanto pare, con grande profitto. Forse il business di Goldman non è poi così esoterico; o, forse, il market timing di Buffett è stato eccezionale, così come il suo fiuto per gli affari. Sicuramente dimostra che salvare le banche, anche se sono la Spectre, non è solo un delitto contro il popolo. […]
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