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Un volo a planare.

E’ la stessa Carim a dare notizia, sul suo sito, dell’abbassamento del rating subito da Standard’s and Poor, con un outlook negativo, ovvero passibile di nuovi abbassamenti, e la discesa al gradino di BB per il debito a medio-lungo termine e B per quello a breve. In almeno apparente contraddizione, S&P assegna dunque un rating peggiore a breve scadenza e migliore a lunga, pur manifestando proprio in prospettiva dubbi sulla tenuta dei conti della Banca. A beneficio del lettore il voto BB identifica, nell’immediato, minore vulnerabilità al rischio di insolvenza di altre emissioni speculative. Tuttavia grande incertezza ed esposizione ad avverse condizioni economiche, finanziarie e settoriali.
Quanto al voto B, il giudizio è il seguente: più vulnerabile ad avverse condizioni economiche, finanziarie e settoriali, ma capacità nel presente di far fronte alle proprie obbligazioni finanziarie.

Al di là degli allarmismi e delle semplificazioni della stampa locale (e degli strafalcioni di qualche sito, che ha confuso l’outlook con l’outlet: lo shopping quando diventa compulsivo fa brutti scherzi alle signore, anche se sono giornaliste) la vera questione non è tanto che “in questo momento non ci voleva” o che “piove sul bagnato”. La vera questione è che i due nuovi rating di Carim, in discesa dopo che già in precedenza vi era stata riduzione, non fanno parte più della categoria investment grade, ma speculative grade. Ma, come è noto, al peggio non c’è limite.

 

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Deleveraged banks?

Come ha riferito Bloomberg una settimana fa, Anna Maria Tarantola, responsabile per la vigilanza sugli enti creditizi della Banca d’Italia, pensa che le banche italiane, più “deleveraged” (sic) rispetto al resto del mondo, dovrebbero subire meno di altre concorrenti, europee e mondiali, l’impatto della nuova regolamentazione di Vigilanza nota come Basilea 3. Eppure, secondo il Sole 24 Ore, che cita sempre Anna Maria Tarantola, l’impatto sulle grandi banche potrebbe essere “non trascurabile“, anche se nella generalità dei casi il sistema bancario italiano si caratterizza per elementi di capitale di qualità primaria.

“La debolezza della struttura finanziaria delle piccole imprese”, continua il Sole, potrebbe «incidere negativamente sulle condizioni di accesso al credito» dopo l’entrata in vigore di Basilea 3. Tuttavia le imprese con meno di 20 addetti beneficeranno del fatto di essere finanziate prevalentemente dagli istituti bancari di medie e piccole dimensioni o da quelle banche che già oggi presentano in media «livelli di patrimonio superiori a quelli richiesti dalle nuove regole». Sono queste, ha precisato il vice direttore generale di via Nazionale, le banche che anche durante la crisi hanno continuato ad assicurare «un sostenuto flusso di credito all’economia».

Nonostante l’apparente distanza fra i due commenti, è neppure il caso di pensare ad una doppiezza dell’intervento di Anna Maria Tarantola, la cui autorevolezza e competenza sono fuori discussione. La sensazione che si ricava leggendo i resoconti sul dibattito intorno a Basilea 3, oltre  a quella consueta di giornalisti che non sanno bene di cosa stanno parlando e dunque semplificano, è quella di un problema non proprio chiaro e che, come nel caso di Basilea 2, sembra essere affrontato in base a pregiudizi ideologici e lobbistici. Ciò che veramente infastidisce, tuttavia, è che nessuno riesca a cogliere la mistificazione operata dalle banche, che dopo aver rischiato di affondare, ed essere state salvate dal naufragio, chiedono alla guardia costiera di lasciarle ripartire, senza aver troppo riguardo alla qualità dello scafo. Confidando, evidentemente, che qualcuno non mancherà di salvarle forever and ever.