“(…) è singolare le fondazioni ampiamente rappresentate nel board di Unicredit (9 consiglieri su 23 sono di loro nomina) non abbiano trovato nulla da ridire quando è emerso che la banca aveva collocato un’enorme quantità di prodotti derivati presso piccoli e grandi enti locali, esponendo a gravi rischi i loro bilanci futuri. Peccato, perché la diversificazione avrebbe reso le fondazioni al contempo meno vulnerabili a una crisi che per lungo tempo è destinata a ridurre i profitti delle banche e in grado di allargare il proprio raggio di azione, sentendosi meno vincolate alla base locale tradizionale. Peccato, perché dare in gestione le banche (come qualunque impresa) a un manager compiacente significa anche darla a uno poco competente. A pagare saranno i cittadini che oggi i sindaci dicono di difendere.”