Da un articolo del Sole 24 Ore on line apprendiamo che “Il settore bancario italiano secondo Moody’s si merita nel complesso un rating “C” che indica un’adeguata «forza finanziaria intrinseca». La media del comparto, ponderata per le dimensioni, «è fortemente influenzata dai rating più elevati di Unicredit (C) e Intesa Sanpaolo (B-). La media non ponderata dei rating Bfsr delle banche italiane è «C-» segno che la maggioranza delle banche è vulnerabile alle avversità». Il livello di rating, relativamente solido, delle due banche maggiori secondo Moody’s fa eccezione in quanto, nonostante una qualità degli attivi non forte, riflette la forza della rete commerciale.”
Qui si deve confessare la propria ignoranza: sinceramente non si era giunti a pensare che, nonostante una “qualità degli attivi non forte“, si potesse tuttavia confidare nella “forza della rete commerciale“.
Sarebbe interessante spiegare lo stesso concetto ai molti titolari di Pmi che stanno assistendo al razionamento del credito verso le loro imprese in questo periodo. Ma sarebbe anche interessante sapere che cosa si intende veramente per “forza della rete commerciale”: per esempio, la forza di saper vendere derivati come se fossero caramelle?
2 risposte su “I rating delle banche.”
Da ex mi sento di prendere le difese di questa ‘rete commerciale’. Non è certo lei, la rete dei direttori, dei gestori, responsabile del razionamento del credito e in buona parte è stata costretta a vendere derivati-caramelle, magari rischiando sulla propria pelle senza il patentino di promotore finanziario.
Ha sempre fatto quello che gli è stato chiesto di fare, ha sempre rincorso modesti bonus da 4.000 o da 10.000 euro che si ottenevano vendendo il prodotto del mese. La rete è intrinsecamente forte, dislocata sul territorio nazionale. E’ stata guidata male, è stata spinta parossisticamente al profitto ‘veloce’ (upfront è il termine noto in banca). E’ stata anche deprofessionalizzata sul credito (v. http://linkerblog.wordpress.com/2010/10/29/in-banca-b2b-vuol-dire-back-to-basics/ ) perché gli sono state chieste altre cose. Se i capi della Rete capiscono i guasti fatti e modificano i metodi di coinvolgimento e incentivazione delle loro risorse, quelle stesse persone possono tornare a essere un motore sano di crescita. Cambiare la testa di pochi, per avere la forza di molti.
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Intanto grazie a Fabio per l’intervento. Il problema non è la rete e gli uomini che ne fanno parte (per quanto io stesso abbia ascoltato le confessioni di qualche “pentito” che vendeva derivati come fossero morositas), il problema è la valutazione della rete che, alla stregua della ben nota litania sugli intangibles, di bocconiana memoria, diventa sostitutiva sul giudizio, a mio parere ben più fondamentale, circa la qualità del credito erogato. Per il resto, credo che comunque, capi o no, resti il problema del significato di ciò che si fa, per chiunque: anche per la rete.
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