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Crisi finanziaria

Recupero crediti.

Giuseppe Raeli, detto U’ Lupu, è stato arrestato. Il personaggio in questione, di Cassibile (provincia di Ragusa) è stato descritto come “avaro, anzi avarissimo, con quelli che riteneva fossero i suoi creditori. «Il serial killer (..) uccideva anche per duecento euro. Voleva farsi giustizia da sé per chi non lo pagava dopo aver effettuato qualche lavoretto». Nel corso di una delle tante perquisizioni in casa del presunto serial killer i carabinieri hanno trovato una cassaforte artigianale. All’interno c’erano ventimila euro in contante con sopra una pistola con il colpo in canna. Come a voler dire, “chi li tocca muore”.

 

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Banche Bolla immobiliare USA

Volponi a stelle e strisce.

Non si finisce mai di imparare. In Bank of America, secondo quanto testimoniato da uno dei suoi impiegati, it was routine for the lender to keep mortgage promissory notes even after loans were bundled by the thousands into bonds and sold to investors, according to a transcript. Contracts for such securitizations usually require the documents to be transferred to the trustee for mortgage bondholders.

Insomma, titoli-salsiccia o no, il debitore ceduto, a seguito di cartolarizzazione e di confezionamento di titoli con sottostanti subprime, restava debitore di tutti. Senza certezza alcuna.

A proposito di certezze, sarebbe interessante sapere che ne pensano le vestali della correttezza anglosassone, i vari Guido Rossi, Rizzo & Stella and co.

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Università

Okkupazione.

La riforma universitaria contiene molte cose buone come il sistema di reclutamento, altre discutibili, come un eccesso di dirigismo e di minuzia normativa e un assetto della governance che concede troppo
a manager esterni di dubbia qualifica. Ma qui siamo ben oltre il “discutere”: siamo in piena sagra dell’ipocrisia e della demagogia, persino violenta. Forze politiche e universitarie che hanno taciuto di fronte a riforme efferate (come quella del cosiddetto 3+2) responsabili di aver condotto l’università
nell’attuale stato di degrado e che hanno taciuto di fronte a tagli di finanziamenti non meno imponenti, urlano come se venisse giù il mondo. Questa riforma è stata patrocinata in buona misura dal Pd che però ora, per ragioni di altra natura, sale a cantare “Bella ciao” sui tetti. E’ poi divenuto un indecente sport nazionale rovesciare tonnellate di immondizia sull’università ogni volta che se ne discute in Parlamento. Con lo stile del bue che dà del cornuto all’asino, un mondo politico che ha colpe enormi in materia parla dei docenti universitari come “ignoranti” e “nullafacenti”.
Come se, malgrado tutto, la facoltà di Scienze della Sapienza di Roma non venisse avanti alla prestigiosa École Polytechnique parigina nelle graduatorie internazionali, per fare soltanto un esempio. Nelle quali graduatorie l’università italiana è complessivamente penalizzata da parametri che riflettono il suo degrado materiale, ma sono introvabili università private gestite da un mondo industriale che nonostante ciò si sente titolato a far la lezione. Il gioco a parlare di “merito” per l’università è una colossale ipocrisia, dato che non si ha il coraggio di parlarne per la magistratura o per la scuola, dove in silenzio sono stati ripristinati gli scatti di anzianità per tutti, senza alcun legame con il merito.
Va aggiunto che, per la scuola, i primi modelli sperimentali di premio del merito sono basati su criteri che, se introdotti all’università, farebbero gridare al prepotere dei baroni; il quale, visibilmente, è ormai una barzelletta, forse perché i docenti universitari non hanno né un consiglio superiore né una rappresentanza sindacale. (..)

Giorgio Israel, Il Foglio, 26 novembre 2010

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Banche Banche di credito cooperativo Giulio Tremonti Sud Sviluppo

La ban(cassa) del Mezzogiorno.

Secondo le dichiarazioni di Giulio Tremonti la costituzione della Banca per il Sud è vicina. Presto sarà formalizzata l’offerta per l’acquisto di Mediocredito Centrale da parte di Poste Italiane e Banche di Credito Cooperativo. La nuova Banca per il Sud opererà come un Istituto di credito di secondo livello, per favorire lo sviluppo. Perché non riesco a capire dove sia la novità? Perché sono così irrimediabilmente tardo? Perché mi vengono in mente -deve essere un problema legato all’età, dopo i 50 anni si regredisce- gli Istituti di Credito Speciale o ICS, perché mi appare in sogno, come un incubo, la Cassa del Mezzogiorno?

Ma soprattutto, perché pagare per qualcosa che replicherà anni e anni di interventi che non hanno sortito nulla?

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ABI Analisi finanziaria e di bilancio Banche Fabbisogno finanziario d'impresa Indebitamento delle imprese PMI Relazioni di clientela

Bollino blu.

Con un articolo di Isidoro Trovato il CorrierEconomia di ieri ci dà notizia dell’arrivo del “bollino blu” dei commercialisti, a certificare il bilancio delle Pmi. Con un accordo fra ABI, Unioncamere ed Ordine si dovrebbe “agevolare” l’accesso ai finanziamenti, mediante un apposito disegno di legge.

Soprattutto tenuto conto, come ci ricorda Trovato, che “le imprese con meno di dieci addetti rappresentano il 94,8% delle aziende e che forniscono il 47,4% dell’occupazione“. Appunto, il tema meriterebbe più attenzione. La proposta non è nuova: e non è, purtroppo, neppure risolutiva. La certificazione del bilancio implica, semplicemente, una valutazione di conformità delle prassi e delle procedure contabili seguite nel redigerlo, da parte di professionisti che dovrebbero obbligatoriamente assicurarsi. Contro cosa? Contro il rischio di insolvenza? Certificare un bilancio non significa attestare il merito di credito. E molti bilanci di società fallite erano certificati: il merito di credito sta nel merito, negli hard numbers, non nel metodo, anche se il metodo è importante. Che farebbero i Dott.Comm., il lavoro al posto delle banche? Non mi pare realistico, a prescindere da considerazioni di processo del credito, che Banca d’Italia accetti l’ipotesi: anche se, come afferma Marcello Danisi, curatore della proposta di legge, i professionisti dovrebbero essere formati a “leggere e certificare i bilanci delle micro-imprese” il lavoro di valutazione del merito di credito non potrebbe che spettare alle banche.

Infine, è quantomeno discutibile l’affermazione che “il rischio di credito cali in presenza di bilanci certificati“: e, d’altra parte, le imprese continuano a chiedere di essere “guardate negli occhi”, come afferma il direttore generale di CNA, Sergio Silvestrini. Conoscendo i bilanci di tante micro e piccole imprese, il rischio è che guardarsi nelle palle degli occhi serva a non guardare i numeri.

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Borsa Cultura finanziaria Rischi Risparmio e investimenti

Neuroscienze ed esorcismi: allontanarsi dalla realtà inseguendo le spiegazioni.


Con l’aria che tira chi oggi diminuisce l’esposizione creditizia e aumenta i flussi di cassa non può che essere premiato dal mercato. Cosa puntualmente avvenuta.”

Così annota, giustamente, Fabio Pavesi sul Sole 24 Ore di domenica, registrando una peraltro inconsueta convergenza fra i fondamentali di alcune aziende e la loro quotazione di Borsa. La notazione è condivisibile e fa riflettere, tanto più che, nella stessa pagina, Marco Liera si chiede:”Da dove nascono le bolle speculative e i crolli di borsa? Perché milioni di risparmiatori (e non pochi professionisti dei mercati) puntano a comprare ai minimi e a vendere ai massimi e finiscono regolarmente per fare il contrario?” Liera prosegue citando “nuovi studi che coniugano psicologia, economia e neuroscienze stanno cercando di rispondere a questi interrogativi. Uno di questi è stato presentato lo scorso fine settimana durante l’annuale convention di Efpa Italia, l’associazione che qualifica con standard internazionali i consulenti finanziari che puntano a migliorare costantemente la loro professionalità. Caterina Lucarelli dell’Università Politecnica delle Marche e Gianni Brighetti dell’Università di Bologna hanno condotto un esperimento senza precedenti su un campione di più di 400 soggetti (investitori privati e professionisti della finanza) per analizzare le varie componenti dell’avversione al rischio degli individui. Una delle scoperte più importanti della ricerca (che uscirà a breve in un libro intitolato «Risk Tolerance in Financial Decision Making») è che esiste un pericoloso “demone nascosto” (unconscious sleeping factor) dentro molti di noi che rappresenta l’attrazione emozionale e molto spesso inconsapevole verso il rischio.”

Ho avuto modo di visionare qualche mese fa una parte dei risultati della ricerca e, soprattutto, la metodologia utilizzata. La prima sensazione, osservando lo studio dei comportamenti umani alla luce di tecniche che tentano di avvicinarli a scienze esatte, è stata di disagio. Lo stesso disagio che non si può non avvertire tutte le volte che si legge di studi e ricerche che affrontano le scelte della persona tentando di ricondurle, e quindi riducendole, a qualcosa di spiegabile meccanicamente. Lo stesso disagio provato avvertendo l’ostilità preconcetta verso gli economisti, assimilati (anche dalla regina Elisabetta II) a medici incapaci di leggere le diagnosi di laboratorio, a radiologi arruffoni, a chimici impreparati. Dice bene Marco Liera, a conclusione del suo articolo, quando evidenzia l’importanza della cultura e dell’educazione finanziaria: e non si può che concordare con la sua conclusione.

Ma il disagio resta. Resta, ripensando per esempio alle molte perizie fatte nel corso di cause sul “risparmio tradito“, quando leggendo gli atti di causa si percepiva chiaramente, anche nei casi dove più manifesta era l’imperizia o la malizia di parte bancaria, una vera e propria avidità da parte del risparmiatore. Che pone sempre le stesse domande, che vuole sempre lo stesso titolo, che lo faccia arricchire in fretta, che sia molto liquido e poco rischioso. Che forse non ha bisogno di elettrostimolatori o di cavetti mentre sceglie a quale titolo impiccarsi, ma che prima ancora avrebbe bisogno di criteri e di qualcuno che lo aiuti a farsi le domande giuste. Perché se le conclusioni della ricerca sono quelle che anticipa Liera, come si fa a non domandarsi: e gli altri? Quelli che non sono maschi, fra 30 e 60 anni, mediamente colti, non vedovi, non divorziati, gli altri che fanno, perdono sempre? E se un maschio felicemente coniugato, colto e laureato, studioso di finanza fin dalla tenera età sbaglia, a chi chiediamo il risarcimento? Anziché alla banca alla A.S.L.?

 

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Banche

Piada e nutella (la banca del cioccolato).

La notizia del confronto fra le parti sociali della provincia di Rimini riguardo alla cosiddetta “crisi del credito“, può sorprendere solo chi dorme nella paglia (categoria che annovera numerosi iscritti in queste lande). Non sorprende, ma soprattutto non inganna -anche se infastidisce essere presi continuamente in giro- l’affermazione, emersa dall’incontro, per cui il razionamento in atto sarebbe legato al commissariamento della BDC (la Banca dei Cioccolatai). Quella stessa banca che, proprio per bocca del suo (ex) Presidente, dichiarava che la cautela nell’erogare fidi era necessaria in funzione della crisi; ciononostante l’ammontare del nuovo credito erogato da Carim, a giugno 2010 era fermo in termini reali. Vai a spiegare, alle Pmi del riminese, che però il credito al fallendo Gruppo Antonio Merloni, quello no, non lo si è fatto mancare.

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Banca d'Italia Banche Relazioni di clientela Rischi

Emblemi.

“Ma l’attività con San Marino e con la controllata Credito industriale sammariese rappresenta in realtà solo una piccola parte di criticità nella conduzione dell’operatività ordinaria della banca. Tra le distonie operative riscontrate c’è in particolare un’anomala dialettica interna caratterizzata da una totale incomunicabilità tra dirigenti e amministratori.

Nota Banca d’Italia che il Consiglio di amministrazione, essendo stato informato a più riprese circa elementi critici emersi nel corso delle ispezioni, ha «preso atto con una certa sorpresa della situazione rappresentata; (….) alcuni consiglieri hanno lamentato difetti di comunicazione e rimarcato il clima di scarsa collaborazione e condivisione degli obiettivi tra le diverse componenti della direzione generale». Ma la parte potenzialmente più rischiosa dell’attività della banca consisteva nelle procedure di erogazione dei crediti. Le istruttorie erano fortemente decentrate sul territorio e affidate alle risorse della rete, anche se la grande parte degli affidamenti erano diretti nei confronti di aziende. Emblematica la situazione del gruppo Antonio Merloni Spa dichiarato insolvente nel 2009 e affidato nel 2007 per 15 milioni su garanzia di un terreno (stimato 27,5 milioni) ma già oggetto di un esproprio. Una circostanza di cui la banca si avvede solo nel gennaio del 2010. Più in generale ci si trovava in una situazione che, oltre a delegittimare il servizio crediti, ha messo in luce un carente vaglio del merito di credito dei prenditori specialmente nel settore edilizio immobiliare.”

Stefano Elli, Plus 24, sabato 20 novembre 2010

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Banche Rischi

Italians do it less.

Un’intervista di Isabella Bufacchi al managing director di Deutsche Bank, Jeremy Monnier, sul Sole 24 Ore di ieri, riporta alla ribalta la questione derivati. Per la verità in modo surreale.

Aumento della volatilità, triplicata sul cambio euro/dollaro. E crescente correlazione tra le oscillazioni delle divise e l’andamento dell’economia. Sono queste le nuove complessità del mercato valutario: cambiamenti ereditati dalla crisi che possono avere ripercussioni pesanti sui bilanci delle aziende, soprattutto nell’import-export. Sta intanto crescendo la consapevolezza, più all’estero che in Italia, che la gestione del rischio di cambio è importante e va affinata, con strumenti di copertura più sofisticati e flessibili. È questa la chiave di lettura dei tempi che cambiano, e di come neutralizzare i cambiamenti, di Jeremy Monnier, managing director di Deutsche bank, responsabile del team di Forex structuring per l’Europa. Che di mestiere fa proprio questo: ritagliare l’abito dei derivati su misura alle mutevoli esigenze della clientela corporate e istituzionale.”

Così l’incipit dell’articolo.

Che procede poi con una sottolineatura singolare da parte della giornalista, notoriamente preparata ed attenta, quella per cui le “opzioni non sono nulla di nuovo“. Come se la capacità di copertura dai rischi dipendesse dall’esser “nuovo” oppure no di uno strumento. Se i derivati utilizzati prima della crisi fossero stati opzioni, negoziate su mercati regolamentati ed accentrati, la crisi avrebbe fatto meno danni, e ci sarebbe stato meno azzardo morale. Non volendosi far mancare nulla, l’articolo conclude con questa sacrosanta e patriottica domanda:

Le imprese italiane sono attive e attente in termini più generali alla gestione del rischio di cambio?

Gli italiani ricorrono meno alla copertura dei derivati per proteggersi contro l’andamento dei cambi. In generale, le imprese non italiane fanno un uso più ampio di questi derivati. In altri paesi la percezione di questi prodotti è più positiva di quanto non accada in Italia. I derivati, se ben utilizzati, possono essere molto utili per gestire e coprire i rischi.

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Banche Mariella Burani Unicredit

Sulla fine di Banca MB.

Al peggio non c’è proprio limite.

(thanks to Fabio for signalling)