Stefano Elli e Fabio Pavesi, su Plus24 di sabato 6 novembre raccontano una piccola storia forse non ignobile, certamente non commendevole, di Banca MB, posta dai commissari di fronte all’alternativa dell’arrivo di un cavalieri bianco o di chiudere, procedendo alla liquidazione coatta amministrativa ed il licenziamento di 112 dipendenti.
Anzitutto è singolare la compagnia di giro dei soci fondatori, i cui nomi fanno sorgere più di una perplessità. In particolare, la “banca milanese (..) annoverava, prima della messa in amministrazione straordinaria, tra i suoi azionisti personaggi come Zenone Soave (Socotherm); il conte Gastone Colleoni; ma anche con piccole quote Banca Arner, il Credito Sammarinese e la famiglia Burani (..).”
Come se non bastasse -ma non può stupire se si pensa al ruolo di Unicredit nel crac Burani- non poteva mancare, appunto, la presenza di Unicredit. Che ha fornito a Banca MB l’ex-presidente, Mario Aramini, che ha finanziato gli stessi clienti problematici di Banca MB (Elli e Pavesi notano che a fine 2008, sette mesi prima della messa in mora, Banca Mb chiudeva i conti con perdite per 6,5 milioni) e che, a quanto pare, potrebbe essere l’unico cavaliere bianco.
Non basta. “(..) nel 2007 la perdita fu di oltre 12 milioni e nel 2006 il rosso era stato di 2,5 milioni. Ventun milioni di buco di bilancio nell’ultimo triennio. In mezzo gli interventi severi della vigilanza della Banca d’Italia che hanno più volte acceso i riflettori sull’area proprio della gestione dei crediti, con una serie di rilievi legati a procedure non corrette e a una gestione opaca. Ma l’espansione nell’area rivelatasi critica dei crediti ha costretto i soci a un aumento di capitale nel 2008 per 94 milioni. Soldi oggi di fatto bruciati e commissari non in grado di riportare in bonis la banca. Resta qualche mistero sullo sfondo. Nel bilancio 2008 sul fronte dei crediti tutto sembrava andare per il meglio. A fronte di 433 milioni di esposizione netta le partite in sofferenza e gli incagli risultavano sotto l’1 per cento. Banca d’Italia rivelò invece incagli per 50 milioni non segnalati all’Autorità. Un bilancio allegro quindi e dopo sette mesi il commissariamento. E poi c’è quella strana concentrazione dei prestiti. Nove soggetti figuravano a fine 2008 tra i grandi rischi della banca per un ammontare elevato ben 95 milioni, un quinto dell’intero portafoglio crediti dell’istituto. Un po’ troppo per una piccola banca.”
Un po’ troppo anche per chi, gira e rigira, nelle cronache delle crisi bancarie italiane, trova sempre gli stessi nomi: fra cui, chissà perché, c’è sempre Unicredit.