Il processo che ha preceduto la quotazione in Borsa delle azioni Enel Green Power e quanto avvenuto il primo giorno di quotazione, con il titolo sceso al disotto del prezzo di offerta dell’IPO e risalito, solo in chiusura, alla pari, consentono alcune riflessioni finalmente libere dal consueto schema da manuale, per cui obiettivo-della-quotazione-è-raccogliere-capitali-freschi-per-crescere.
Alcune considerazioni tratte da un articolo del Sole 24 Ore possono aiutare a fare chiarezza.
“(..) L’intervento in extremis del consorzio di collocamento che ha permesso a Enel green power (Egp) di chiudere la seduta al prezzo dell’Ipo non salva il bilancio del primo giorno di Borsa della matricola. Occorre ripercorrere gli step che hanno portato Egp in Piazza Affari per capire le dinamiche di quest’esordio stentato. Enel aveva bisogno dei 3 miliardi di questo collocamento per centrare il target del debito a fine dicembre. Ed era quindi poco propensa a “svendere”. Quando è stata proposta la forchetta che individuava in 1,8 euro il prezzo minimo, gli investitori istituzionali avevano storto il naso, anche perchè per dimensioni il “boccone” era impegnativo in queste condizioni di mercato. «Così non compriamo», avevano fatto sapere, «a 1,6 sì». Ma Enel ha tenuto duro, convinta che se avesse abbassato il prezzo il mercato l’avrebbe abbassato ancora di più. Anche gli investitori istituzionali però hanno tenuto duro e a tre giorni dal termine dell’offerta, rimasta aperta sull’arco di due settimane, avevano prenotato solo il 5% del quantitativo da collocare. Il giorno prima della scadenza Enel si è decisa quindi a ridurre il prezzo minimo a 1,6 euro. Ma a quel punto, anche chi tra gli istituzionali era interessato all’acquisto ha preferito aspettare, nella convinzione di poter comprare i titoli in Borsa a un prezzo ancora inferiore.”
Viva la chiarezza e, soprattutto, viva la sincerità: varrebbe la pena avere questi due concetti sempre chiari, dentro di sé, quando parliamo di nuove quotazioni.