La riforma universitaria contiene molte cose buone come il sistema di reclutamento, altre discutibili, come un eccesso di dirigismo e di minuzia normativa e un assetto della governance che concede troppo
a manager esterni di dubbia qualifica. Ma qui siamo ben oltre il “discutere”: siamo in piena sagra dell’ipocrisia e della demagogia, persino violenta. Forze politiche e universitarie che hanno taciuto di fronte a riforme efferate (come quella del cosiddetto 3+2) responsabili di aver condotto l’università
nell’attuale stato di degrado e che hanno taciuto di fronte a tagli di finanziamenti non meno imponenti, urlano come se venisse giù il mondo. Questa riforma è stata patrocinata in buona misura dal Pd che però ora, per ragioni di altra natura, sale a cantare “Bella ciao” sui tetti. E’ poi divenuto un indecente sport nazionale rovesciare tonnellate di immondizia sull’università ogni volta che se ne discute in Parlamento. Con lo stile del bue che dà del cornuto all’asino, un mondo politico che ha colpe enormi in materia parla dei docenti universitari come “ignoranti” e “nullafacenti”.
Come se, malgrado tutto, la facoltà di Scienze della Sapienza di Roma non venisse avanti alla prestigiosa École Polytechnique parigina nelle graduatorie internazionali, per fare soltanto un esempio. Nelle quali graduatorie l’università italiana è complessivamente penalizzata da parametri che riflettono il suo degrado materiale, ma sono introvabili università private gestite da un mondo industriale che nonostante ciò si sente titolato a far la lezione. Il gioco a parlare di “merito” per l’università è una colossale ipocrisia, dato che non si ha il coraggio di parlarne per la magistratura o per la scuola, dove in silenzio sono stati ripristinati gli scatti di anzianità per tutti, senza alcun legame con il merito.
Va aggiunto che, per la scuola, i primi modelli sperimentali di premio del merito sono basati su criteri che, se introdotti all’università, farebbero gridare al prepotere dei baroni; il quale, visibilmente, è ormai una barzelletta, forse perché i docenti universitari non hanno né un consiglio superiore né una rappresentanza sindacale. (..)
Giorgio Israel, Il Foglio, 26 novembre 2010
2 risposte su “Okkupazione.”
Infatti bisogna distinguere le cose buone e cattive nella riforma. Ma come farlo in un Paese in cui ogni posizione giornalistica è filtrata bene o male dai partiti e faziosismi?
http://vongolemerluzzi.wordpress.com/2010/11/27/undicesimo-comandamento-non-puoi/
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L’unico modo che mi viene in mente è giudicare con la ragione, ovvero tenendo conto di tutti i fattori in gioco: e se c’è qualcuno che lavora solo per l’ideologia, ovvero per il preconcetto, oppure in funzione di schemi, l’unico sistema per costruire qualcosa è lavorare bene e con chi ci sta. Lasciando stare i tetti e le okkupazioni, peraltro nella mia università scattate solo a Magistero.
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