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Idee (vecchie) e capitali (pochi).

Dunque Poste Italiane ha presentato la propria offerta per Mediocredito Centrale, destinato a rappresentare l’involucro giuridico della tremontiana Banca per il Sud. E’ noto che l’istituto di credito concepito dal Ministro dell’Economia non avrà sportelli propri, ma utilizzerà quelli delle Bcc e di Poste Italiane. Ora, a prescindere da considerazioni riguardanti il fenomeno della doppia intermediazione, vecchio, inefficiente e già stigmatizzato in passato da tanti studiosi, sarebbe il caso di preoccuparsi del “come”, visto che il “se” non è più un problema. Il come vuol dire, anzitutto, capitali. Da Massimo Mucchetti, sul CorrierEconomia di ieri, si apprende che la dotazione di partenza sarà pari a 200 milioni, in verità assai pochi. E non serve rimarcare ciò che l’articolo citato sottolinea molto bene, ovvero che solo la trasformazione di Poste Italiane in banca, così come in Francia e Germania, consentirebbe di fare affidamento su una ricca dotazione di risorse. Problema che si scontra -ed al momento senza soluzioni realistiche- con la necessità di Tremonti di disporre di ampia liquidità per la Cassa Depositi e Prestiti e di continuare ad incassare i dividendi che Poste Italiane assicura.

Difficile non porre al Ministro almeno tre domande:

  1. dove sta l’innovazione della Banca per il Sud se già ora Mediocredito Centrale finanzia, con contropartita di garanzia statale all’80%, le operazioni di finanziamento effettuate nel Mezzogiorno?
  2. chi pagherà, realmente, il costo della raccolta della nuova banca ma, soprattutto, su quale capitale andranno a gravare le (assai) probabili sofferenze sugli impieghi?
  3. se i capitali sono così modesti, sarà modesta anche la dotazione di capitale umano, ovvero non bastano i denari, le imprese vanno valutate: chi lo farà?