Un articolo di Antonella Olivieri sul Sole 24 Ore on line esamina le conseguenze della Mifid sulla concentrazione degli scambi in Borsa, ormai dirottati su piattaforme alternative e, a quanto affermato da Carmine Di Noia di Assonime, intervistato nell’articolo, con effetti di liquidità poco più che sostitutivi (ciò che si genera in più da una parte si perde dell’altra. Ma, come ricorda Olivieri, “il punto è che buona parte dei volumi – secondo Grob in Europa si tratta del 40% (contro il 60% degli Usa) – è alimentata dall’high frequency trading, cioè dai sistemi automatizzati ad altissima velocità che sfruttano anche minime differenze di prezzo tra le diverse piattaforme, senza alcuna considerazione per i fondamentali della società oggetto di negoziazione. Alla lunga si porrà una questione di significatività dei prezzi. Inutile dire che gli emittenti sono preoccupati dal fenomeno, perchè vorrebbero sapere dove va la liquidità e chi sono i loro azionisti.”
Sì, forse è davvero inutile dire: basterebbe rammentare la pressoché totale non-contendibilità delle Società quotate sul mercato italiano, il peso dei patti di sindacato e l’esiguità del flottante di molti Gruppi, per ritenere il timore di Emittenti Titoli abbastanza infondato. Ma poiché di qualcosa si deve pur parlare, parliamo di questo, in attesa di vedere come la vicenda sarà trattata, sotto il profilo dell’efficienza informativa ed allocativa, nel prossimo manuale per addetti ai lavori.