Tre piccioni con una fava.
Jacopo Giliberto, con buona pace di Assosolare, in un post apparso sul sito dell’Istituto Bruno Leoni afferma che “l’incentivo dato al settore fotovoltaico era generoso. Troppo generoso. Potrebbe arrivare (nella soluzione più pesante) fino a un cumulato di 41 miliardi di euro nel 2032, oppure (in uno scenario di sforbiciature pesanti) di 35,8 miliardi. E oggi ne subiamo le conseguenze. Non solamente in termini di peso sulla bolletta della corrente, ma soprattutto in chiave di obiettivi economici e ambientali da conseguire attraverso le fonti rinnovabili di energia. Conseguenza: il rischio di penalizzazioni per tutto il settore dell’elettricità ecologica, compresi segmenti economicamente più solidi come la produzione eolica oppure con biomasse, e al tempo stesso tariffe alte e nemiche della competitività.”
E ancora: “Carlo Stagnaro, che ha coordinato i ricercatori dell’istituto, spiega quali sono i punti salienti che gli fanno contestare la tipologia di incentivo. «Con una cifra così consistente, sono stati indotti investimenti frettolosi per costruire centrali fotovoltaiche sulla base della tecnologia di oggi. In questo modo non sono state aiutate ricerca e innovazione, bensì l’inseguimento del profitto veloce. Inoltre – osserva Stagnaro – un incentivo consistente impone sulle bollette dei consumatori un onere che limita la competitività senza raggiungere i due obiettivi, cioè quello ambientale, che può essere conseguito anche con strumenti diversi dal fotovoltaico, né quello di politica industriale. Infine, un sussidio generoso crea un rischio politico, una reazione contro l’incentivo che si traduce in un taglio troppo netto che suscita negli investitori il senso di instabilità delle regole e di scarsa credibilità». E a parere di Stagnaro questi tre effetti negativi sono stati raggiunti.”
Ministri Scajola, Berlusconi, Tremonti, Romani, any suggestion?
E, infine, la questione del “profitto veloce” forse dovrebbe far riflettere: perché se non si è riusciti a creare una filiera industriale ce ne faremo una ragione, ma i danni provocati alle imprese che, anziché concentrarsi sul proprio business principale si sono messi a fare gli “elettrici”, aggiungendo debiti fatti per speculazione a quelli fatti per incapacità o mancanza di competitività, quelli chi li calcola?