Bank utility.
«Non è il modello di business di una banca a determinare il rischio. Continuo a credere che non sia questa la soluzione da oppore alla crisi del credito». Marco Mazzucchelli, chairman dell’investment banking di Royal Bank of Scotland inarca metaforicamente il sopracciglio all’idea di una separazione delle attività degli istituti di credito secondo le linee indicate dall’interim report della Indipendent banking commission ieri adottate dal Cancelliere George Osborne.
La blindatura del retail banking è invece la soluzione che Londra privilegia…
Il punto centrale a mio avviso è la capitalizzazione e in questo senso stiamo andando nella direzione giusta, con fin troppo zelo. Inoltre gli istituti di credito devono essere gestiti con robusti criteri di risk management. Infine la governance deve essere affidata a elementi altamente competenti e specializzati. Che il problema non sia il modello di business, lo dimostra il caso di Northern Rock che faceva retail.
Con un’esposizione estrema nei mutui…
Allora bisogna definire che cosa si intende per retail. Solo raccolta dei depositi e investimento in titoli del Tesoro? L’attività di credito precipiterebbe, si arriverebbe a disegnare una struttura davvero simile alle utility. Ma se non è questo che si vuole, bisogna considerare che gran parte delle coperture dei rischi arrivano dalle attività di investment banking.
Eppure è questo, nella traccia politica suggerita, che potrebbe emergere dalle ceneri del credit crunch britannico. Non solo. Londra spinge per una capitalizzazione sempre maggiore. Quali conseguenze potrà avere il combinato disposto di più stringenti capital requirements con attività bancarie separate ?
L’investment banking soffrirebbe in termini di posizionamento relativo e lo stesso accadrebbe per retail e commerciale. Si avrebbe un sistema forse più robusto nell’architettura, ma ingessato. Meno competitivo. Soprattutto meno remunerativo. È opinione comune che quando le nuove regole, quelle già varate, saranno in vigore, il Roe delle banche sarà mediamente attorno all’8-10 per cento. Se si mettono altri lacci, i bilanci si restringeranno sempre di più e non sarà facile trovare azionisti pronti a investire. I regolatori questo spesso se lo dimenticano.
Banca utility, appunto…
Allora facciamola fino in fondo e magari la facciamo fare allo stato. La verità è che un sistema bancario senza rischi continua ad essere un ossimoro. Una banca utility non è una banca, ovvero non è un’impresa chiamata a investire e ad assumere rischi nel sistema creditizio e finanziario.
Da Il Sole 24 Ore, Finanza e Mercati, 16 giugno 2011.
Al netto del conflitto di interessi nel quale il dott.Mazzucchelli è evidentemente e trasparentemente coinvolto, l’intervista è molto interessante e suscita problemi sui quali, per esempio, mi piacerebbe sapere che ne pensa il nostro ministro dell’Economia.