Non agire non è un’opzione (più le rimanderemo, più diventeranno dolorose).
Il worst case scenario per l’Italia, per ora, consente di prevedere soltanto una cosa: “Un soccorso delle proporzioni di quello greco, nel nostro caso, è insostenibile per l’Europa. Al massimo potrebbe arrivare una mano se un’asta dei titoli del debito andasse male. Ma se il paese non riuscisse a rifinanziarsi sul mercato, sicuramente non ci saranno un anno o due per discutere su eventuali soluzioni, come sta avvenendo in Grecia, prima di dover dichiarare default”. Attenzione, però. Spiega Bisin: “Il default arriva quando, a fronte di una spesa per interessi crescente, non c’è più nulla da tagliare o da tassare. Questo punto di rottura, in un paese come l’Italia che ha una vasta spesa pubblica e un ingente risparmio privato, è soprattutto politico e sociale. Il livello di guardia, cioè, dipende da quando la gente scenderà in piazza perché non accetterà le politiche di austerity. Il paradosso è che più le rimanderemo, più queste politiche diventeranno dolorose. Più aspetteremo prima di tagliare robustamente e strutturalmente la spesa pubblica, più dovremo farlo in fretta e quindi in modo poco ponderato. Invece, se lo facciamo presto e bene, otterremo un doppio risultato: mettere in sicurezza il paese e frenare l’aumento degli interessi”. Insomma: “In astratto, se nessuno fa nulla, prima o poi il debito esplode: ma uno scenario in cui nessuno fa nulla è improbabile, perché ci sono enormi pressioni dei mercati e delle istituzioni internazionali. Se non sarà questo governo – conclude – sarà il prossimo. Non agire non è un’opzione”.
Il Foglio, 13 luglio 2011