Persone che leggono (e lavorano).
Una lettera, ricevuta come commento ad un post sulla qualità degli affidamenti, mi ha fatto ritornare al motivo della scelta di ciò che sta scritto sotto il nome del blog, “banche, imprese, persone”. Già ti fa sorridere che qualcuno compri i tuoi libri, se poi qualcuno li regala pensi che sei riuscito ad aiutare qualcuno a lavorare meglio, perché gli hai offerto un metodo e una strada, oltre a qualche strumento. Non togli mai la fatica, quella rimane, ed è personale, di magico ed automatico non c’è nulla: la fatica di capire chi è l’imprenditore che hai davanti, di non ridurlo a suoi numeri senza prescindere dai suoi numeri, la fatica di misurare e gestire il rischio. Ma se, pur non togliendo la fatica, hai contribuito a dare un senso al lavoro, indicando il metodo, hai aiutato qualcuno a crescere ed essere più consapevole, cioè cosciente e responsabile delle scelte che fa: e quando lavori, sei più contento, e ringrazi, non appena perché insegnare è sempre meglio che andare a lavorare in fabbrica, no, ringrazi perché sei dentro il compito bellissimo di educare.
Di trovare interlocutori come colui che ha scritto il commento gli imprenditori avrebbero bisogno come il pane, così come ne avrebbero bisogno le banche, alle prese con la necessità di fare quadrare i conti di sofferenze, margini risicati e costi operativi. Di trovare interlocutori come questa persona dovrebbero avere bisogno i formatori e gli educatori, perché quando insegni e spieghi accade qualcosa solo se ti implichi e ti coinvolgi e se chi hai di fronte, nella sua libertà, lo permette. Grazie per averlo reso possibile con una lettera.