A proposito di banche locali e capitale umano (1).
L’occasione di partecipare all’incontro dei dipendenti della Bcc di Paceco (TP) ha rappresentato la possibilità di rendersi conto di cosa possano fare le banche se solo decidano di fare il loro mestiere, che non è quello di motori dello sviluppo, ma di catalizzatori dello stesso e, in un certo senso, di levatrici della crescita. La Bcc di Paceco è nel Mezzogiorno, quel luogo per il quale qualcuno aveva pensato al bel progetto illuministico della Banca per il Sud, tuttora da definire. Uno pensa al Sud e pensa a qualcosa di immobile, che fa fatica a muoversi, che ha freni, lacci, problemi: poi incontra le persone di certe banche (tre su tutti: Alessandro, Giovanni, Manuela, che ringrazio) e scopre che per le imprese si possono fare tante cose, senza necessariamente finanziarle (o senza che la finanza sia la prima delle questioni).
Vale la pena visitare il sito della Banca per rendersi conto di quello che hanno fatto questi amici, dall’aver portato gli esponenti della loro industria agro-alimentare e relativa filiera in Texas, allacciando relazioni con le camere di commercio statunitensi, fino al Convegno sulla certificazione Kosher del cibo, sempre in chiave di internazionalizzazione e di export. Solo una riflessione: per inventarsi queste cose servono i denari, ma i denari non bastano, ci vuole la conoscenza delle Pmi e delle persone che ci lavorano, che solo la relazione rende possibile. E, a sua volta, la relazione è resa possibile dal capitale umano: persone vive e intelligenti ma, soprattutto, persone attente alla realtà.
2 risposte su “A proposito di banche locali e capitale umano (1).”
Grazie professore. Sei e rimarrai sempre un mito.
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[…] furto al blog di John Maynard perché ha pubblicato da poco un articolo che mi ha colpito, in controtendenza voluta con i macro problemi di bilancio delle mega-banche […]
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