Fenomeni.
I sindacati dei bancari della provincia di Rimini, in una loro nota, sottolineano l’importanza di scegliere i nuovi manager all’interno dell’attuale compagine dei lavoratori, proponendo addirittura di poter esprimere un rappresentante dei piccoli azionisti in CdA. I manager esterni, in effetti, sarebbero spesso poco più che dei “fenomeni“, rivelatisi inconsistenti alla prova dei fatti. Il rappresentante sindacale, sig.Taddia, si spinge poi fino ad ipotizzare che i commissari di Banca d’Italia acconsentano ad un percorso formativo che, internamente, consenta alla banca di meglio sviluppare propfessionalità provenienti dal territorio.
E’ comprensibile che Taddia dica quanto sopra e che, uniformandosi a quanto affermato dal presidente della Fondazione Carim, sostenga che la Banca debba rimanere al 51% in mani riminesi (su come ciò sia possibile, lo sapremo solo quando il conto di Bankitalia sarà quantificato esattamente): è meno comprensibile la riproposizione di un modello, quello della gestione sindacale che ha dato così pessima prova di sé nel caso di Banca Popolare di Milano, la cui odissea appare lungi dal concludersi. Infine, ma questo è un problema sul quale non è difficile immaginare che Banca d’Italia dica approfonditamente la propria, la questione in prospettiva è certamente di qualità e di stoffa dei manager chiamati a governare la principale banca locale della Riviera: ma non si può trascurare che i manager li nomina il Consiglio di Amministrazione e che quest’ultimo era, prima del commissariamento, di una leggerezza impalpabile. Ci vorrebbe un forte Consiglio, che esprima una strategia interessante ed utile per il territorio. Con questi chiari di luna, sorge più di un dubbio.