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Alessandro Berti Banche Unicredit

Fondazioni e banche (ovvero del perché su Carim non ci si può chiamare fuori).

Fondazioni e banche (ovvero del perché su Carim non ci si può chiamare fuori).

Incontro su Crisi e destino, due sere fa, qui a Rimini. Di quanto detto nell’incontro si darà conto a parte, avevo preparato un intervento, ma le cose sono state proposte in termine di risposte a domande: e probabilmente la gente si è annoiata di meno (chi è venuto ritroverà solo in parte quello che ho detto).

Anyway, prima dell’incontro, vengo avvicinato da un amico della Fondazione Carim, che sostiene “l’ingiusto ed ingeneroso giudizio” sulla Fondazione stessa, come emerso dall’intervista alla Voce di Rimini. In sostanza, i geniali amministratori ed i dirigenti che hanno condotto al commissariamento non sono frutto dell’attuale maggioranza che governa in Fondazione, ma di quella preesistente. La nuova non c’entra. E’ difficile poter condividere un simile ragionamento, che oltretutto fa torto all’intelligenza dei cosiddetti “nuovi”: ai quali evidentemente stava bene la scelta degli uomini fatta dalla precedente espressione dell’azionista di maggioranza e che nulla hanno fatto per modificare anche in minima parte gli indirizzi assunti. Profumo, che pure aveva dato (nel senso letterale della parola: aveva erogato robusti dividendi) è stato defenestrato, non ci sarebbe stato nulla di male se fosse accaduto qualcosa di simile anche a Rimini. In tempi non lontanissimi, nella vicina Ancona, l’azionista di maggioranza Popolare di Bergamo revocò l’intero CdA, evidentemente un po’ troppo autoreferenziale, si poteva fare lo stesso anche qua.

La sensazione è che la Fondazione abbia pensato alla Banca come ad una sorta di bancomat, di erogatore sempre carico, di macchina bancaria perfettamente funzionante, nel solco del comportamento delle altre fondazioni italiane maggiori, quelle che governano in Unicredit, per esempio. Senza preoccuparsi, però, di come nascessero i dividendi, di cosa ci fosse dietro al margine di intermediazione, quale fosse, in definitiva, la “formula di intermediazione” di una banca troppo grande per essere autenticamente locale e troppo piccola per fregiarsi del titolo di banca regionale o di gruppo bancario. La grandezza non è, infatti, solo nella dimensione, ma nel modo con cui la si raggiunge, nella qualità del lavoro svolto. E se parliamo di una banca locale, nel saper tenere fede alle origini, quelle che la Banca sembra aver smarrito: e, con essa, anche la Fondazione.

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Calcio Imprese Inter Massimo Moratti

Mancanza di investimenti ed obsolescenza degli impianti conducono alla rovina aziendale (Inter-Juventus 1-2).

Mancanza di investimenti ed obsolescenza degli impianti conducono alla rovina aziendale (Inter-Juventus 1-2).

Non ci sarebbe molto da dire, nè da citare, se non questo pezzo, strepitoso, di interistiorg.org (http://interistiorg.wordpress.com/2011/10/28/ventisette-sono-troppi/)

Motta infortunato: davvero a volte si è pedine dell’imponderabile. Poli che riesce a essere ancora meno utile di quando contribuì a una retrocessione. Nagatomo, dal Giappone al Cesena, fino alla grande platea: con questo curriculum raramente non nascono fenomeni. Un trentottenne titolare fisso in uno sport professionistico di movimento. L’uruguaiano in fiore che ha giocato contro lo Strømsgodset ma non se ne è accorto nessuno e quindi non è schierabile in Champions. Tanto è infortunato, come tutti, compreso il portiere, che tre anni fa è uscito indenne da uno schianto in curva su una Lamborghini ma da due si stira guardando xFactor. Zarate preso in corsa per via di un’emergenza in attacco di cui non si era accorto nemmeno Zarate. Stankovic più fragile di un bicchiere façon de Venise. I sudamericani col daiquiri in mano mentre in Cina si giocava la Supercoppa. Paolillo che in italiano sa solo dire “Sono illazioni”, per il resto parla in cinese perché è convinto che il grande futuro dell’Inter sia in quel mercato. Gasperini che non è riuscito manco a farsi esonerare in ottobre; no, a settembre; che allora per avere gli stessi risultati identici potevano metterci l’orsetto Knut che almeno potevamo rovesciarlo sulla schiena e fargli i grattagrattatopolone.