Lettere ad improvvidi incapaci (non leggete la realtà).
Caro senatore Bondi, lei se la conta giusta. Anche troppo giusta. Avete condotto al disastro una grande avventura politica, e alla fine avete anche ammazzato, imbavagliandolo, il suo e vostro padre, Berlusconi. L’ipocrisia, peraltro da noi scarsamente frequentata anche nelle dure battaglie difensive di questi anni, è finita. Non siete una classe dirigente.
Non leggete i libri e i giornali e i documenti giusti, non leggete la realtà che confligge con la vostra vanità, siete stati ineffettuali e autoreferenziali, non sentite il peso della opinione popolare e non sapete trattare le élite, vi siete comportati da isterici in difetto di volontà. L’attenuante del circo mediatico-giudiziario e di una Repubblica dei parrucconi, che vi hanno perseguitato con notorio accanimento, è appunto solo l’attenuante di un giudizio di severa e inappellabile condanna. Non altezzoso, ma definitivo. Militante, per così dire. Punto.
Sopra tutto, nell’ultima e ingloriosa curva avete buttato a mare l’unica riforma coraggiosa e decisiva che avevate prodotto con l’anomalia felice di Berlusconi: un paese sorridente e padrone di sé, un paese che vota quando si cambia il governo, con i suoi vizi odiosi ma con la capacità di dirsi e di dire la verità a un’Europa sempre più arcigna, a banchieri sempre più volitivi che si preparano a fare deflazione e recessione con un prelievo bestiale per la ricapitalizzazione del debito pubblico.
Tremonti ha responsabilità ovvie, ma bisognava dirlo a tempo, quando tentammo l’ultima battaglia per la crescita economica. Un debito che non era vostra esclusiva responsabilità, che era sostenibile e che è scoppiato perché Merkel e Sarkozy hanno deciso di deridere Berlusconi e la democrazia in Europa. Non essendo fazioso, apprezzerò, se saranno accettabili, le cose buone fatte dal governo del Preside, segno di sospensione della democrazia e di avvilimento dell’Italia a stato minore, a nazione commissariata, perché credo nel gioco duro ma corretto, ma l’operazione politica che lei mi vuole giustificare, con argomenti purtroppo penosi di scaricabarile, la denuncio come una vergogna istituzionale e come una sconfitta per tutti, sinistra e destra.
Giuliano Ferrara, Il Foglio, 19 novembre 2011