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Aspettando il 5 dicembre.

Aspettando il 5 dicembre.

Mentre si aspetta il d-day, il Consiglio dei Ministri che salverà l’Italia, si moltiplicano i segnali di difficoltà da parte delle imprese, sempre più a corto di liquidità, sempre più razionate dalle banche. Un gran bel post di Fabio Bolognini spiega a chiare lettere quale sia il problema, ovvero ridurre la dipendenza dal debito bancario. Obiettivo per raggiungere il quale serve solo una cura, il capitale di rischio, il grande assente dal dibattito, il grande assente nella sezione di destra dello stato patrimoniale delle imprese; e così si ritorna a parlare di Confidi e di ricette, e di imprese mal(mai) pagate dallo Stato e dalle grandi imprese. Problemi reali, per carità: ma vivaddio, non si può sempre parlare dello Stato che non paga e delle grandi imprese-canaglia. Si potrebbe anche decidere di non lavorare per lo Stato, non è obbligatorio farlo, accettando il fatto che, se non paga, probabilmente è assimilabile ad una di quelle imprese che, sulla via del default, cominciano a non pagare i fornitori. E poiché non tutte le Pmi lavorano per le grandi imprese-canaglia (e non sono tutte canaglia, grazie a Dio), si potrebbe cominciare a pensare a qualche rimedio, anche da parte bancaria, per tutte le altre imprese che non vogliono (o non possono) ricapitalizzare e non ce la fanno: ristrutturazioni del debito e piani attestati possono servire, l’accanimento terapeutico no. Il guaio delle banche, in questo come in altri casi, è la distanza dalla realtà: e questa distanza, paradossalmente, la mostrano maggiormente le banche locali, le nostre impareggiabili Bcc. Da sempre abituate ad accogliere tutti, a non dire mai di no, sono diventate incapaci di scegliere, di selezionare in base al merito, di spiegare i dinieghi o di valutare le ipotesi di ristrutturazione. Non si salvano le imprese scegliendo di non decidere, tenendo in portafoglio prestiti irrecuperabili ed aspettando Godot-Mario Monti.

I provvedimenti del CdM del 5 dicembre stanno arrivando, ma non conterranno né la soluzione della crisi, né la ricapitalizzazione delle Pmi. Occorrono, come ha detto il grande Oscar Giannino, alla ripresa non servono soldi, ma uomini.

Di johnmaynard

Associate professor of economics of financial intermediaries and stock exchange markets in Urbino University, Faculty of Economics
twitter@profBerti

Una risposta su “Aspettando il 5 dicembre.”

Illustrissimo Professore, l’incapacità di guardare la realtà, o meglio, di starci di fronte, come lei ha ben enunciato ha già portato le prime conseguenze. Il peggio,secondo me,deve ancora venire.Il fatto di non avere il coraggio di mettere l’imprenditore di fronte ai numeri,i suoi numeri,non è frutto dell’incapacità del bancario; le Bcc hanno attualmente ancor di più una grossa responsabilità nei confronti delle pmi.Le esposizioni crescono,l’imprenditore le riconosce anche, ma di quel che resta è il non accettare la sfida che la realtà mette davanti, si “tira avanti”per orgoglio invece di recuperare il poco rimasto di fronte all’incertezza che ci governa.

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