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Dove sono finiti i 115 miliardi della BCE?

Dove sono finiti i 115 miliardi della BCE?

Poiché bisogna avere qualcosa da dire, in tempi in cui la politica dimostra di avere fallito e di non avere alcun progetto, il PDL, non pago di avere farfugliato scempiaggini su Cortina, si chiede dove siano finiti i soldi della BCE, sui quali le banche starebbero facendo lauti guadagni, non affidandoli alle Pmi, ma investendoli in qualcos’altro; oppure ancora, che cosa si pensi di fare riguardo a Unicredit.

Parlare male di Unicredit (per qualche buontempone, Unidebit) è come sparare sulla Croce Rossa, dopo un po’ ti stanchi, troppo facile. Varrebbe la pena magari ricordare che quando c’era da salvare Mediaset fu il Banco di Roma di Geronzi a farlo, prima di essere fusa in Unicredit. E che Unicredit stessa, oltre ai propri scheletri nell’armadio (Burani) ha ereditato anche quelli dell’ex-presidente di Generali (su tutte, non solo per l’importo, la Roma a.s.).

Quanto alle banche, forse sarebbe il caso di cominciare ad essere chiari e dire le cose brutalmente come stanno. Le banche hanno finito i soldi, sono inchiodate. Punto. Le grandi banche per avere fatto dell’azzardo morale la loro regola di condotta, quando c’era da creare valore per gli azionisti, a qualunque costo (compreso il famoso unico posto di lavoro, la segretaria, creato dalla Tassara di Zaleski), con grandi operazioni e grandi debitori. Le piccole banche per avere fatto più di quano dovevano, finanziando ultra vires le Pmi razionate dalle grandi (ma Alice-in-wonderland-Lupi and his-brother-Tremonti se ne accorsero solo due anni fa, l’uno ripetendo al Meeting di Rimini quello che l’altro aveva già cominciato a dire) e per avere partecipato anch’esse a finanziare la bolla immobiliare.

Quindi, che fine fanno i quattrini della BCE? Non servono ad investire in titoli di Stato, cosa che nessun banchiere assennato farebbe in questo momento, con il rischio di trovarsi minusvalenze in bilanci già precari; non servono per dare quattrini alle imprese perché le imprese sono inchiodate e non li restituirebbero, perché sono troppo indebitate e sottocapitalizzate (e comunque vorremmo ricordare al buon Lupi che se aumenta il costo della raccolta, ed è aumentato grazie allo spread ed alla fiducia dei mercati nel suo Presidente, non si possono prestare quattrini in perdita).

Servono ad una sola cosa (evidente, d’altra parte, visto l’ammontare dei depositi presso la BCE stessa, liquidissimi ma scarsissimamente redditizi): a dare alle banche quel minimo di liquidità che serve per evitare la corsa agli sportelli.

In attesa che le Fondazioni ricapitalizzino (lo so, è fantascienza, ma i soci sono loro, mica i professori universitari) è l’unica fine che faranno quei quattrini. Lupi e Cicchitto hanno idee migliori?

Di johnmaynard

Associate professor of economics of financial intermediaries and stock exchange markets in Urbino University, Faculty of Economics
twitter@profBerti

6 risposte su “Dove sono finiti i 115 miliardi della BCE?”

Concordo su tutto, dall’inizio alla fine. E’ proprio così: aggiungo un ulteriore motivo per la mancata messa a disposizione della liquidità alle imprese: si tratta di una scelta obbligata vista la scadenza di un bel po’ di obbligazioni bancarie nel corso del 2012: come sarebbe possibile fare insieme, pressochè contestualmente, rilevanti ricapitalizzazioni e rinnovi di obbligazioni ? La liquidità mi sa che eviterà in molte banche il rinnovo di parte delle obbligazioni, con un giro di tesoreria. Le risorse dei potenziali sottoscrittori sono infatti limitate: anche a motivo di ciò ho la sensazione che il management di Unicredito abbia voluto accelerare sull’aumento di capitale: la scommessa è: si salva (forse) chi è tempestivo, chi arriva ultimo resta col cerino in mano (anche se magari la sua situazione di partenza era migliore).

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Come si suol dire in questi casi, riceviamo e pubblichiamo. L’intervento ce lo siamo pure letti, non aggiunge e non toglie nulla a quanto detto nel post, da riscrivere tal quale. Anzi, da riscrivere in peggio. Andiamo con ordine, cominciando dai prestiti della BCE all’1%. Pensare che le banche li destinino a nuova finanza per imprese e famiglie, significa vivere su Marte (la Luna, in effetti, è troppo vicina): li destinano alla liquidità, come ho cercato di spiegare, per la buona ragione che se non facessero in questo modo, dovrebbero chiederli indietro, a famiglie ed imprese. In altre parole, i denari all’1% servono a non chiedere indietro vecchi prestiti, non a darne dei nuovi. Le richieste di famiglie ed imprese, sotto questo profilo sono di mantenere quello che c’è, ma non tutto è mantenibile. Forse l’on.le Lupi, che ringrazio per essere intervenuto sul blog, sia pure indirettamente, ignora che quando si deve decidere chi buttare giù dalla torre fra risparmiatori e prenditori, si scelgono questi ultimi. Non è appena che il risparmio è costituzionalmente tutelato, dalla nostra peraltro pessima costituzione: no, è proprio che senza la fiducia dei depositanti non si va da nessuna parte, le banche chiudono perché c’è il bank run e nessuno, né famiglie, né imprese, riceva più il becco di un quattrino. Infine, il compito del banchiere centrale è questo, dare liquidità al sistema. Ma poiché le banche sono imprese, in nessun Paese del mondo, vivaddio neppure in Italia, le banche sono obbligate a prestare quattrini. Lo fanno se lo vogliono fare, con piena avvertenza e deliberato consenso sbagliano oppure no, ma sono imprese. Che qualcuno decida a chi dare quattrini fa venire in mente la prima Repubblica e la doppia intermediazione, Istituti di Credito Speciale ed altre stupidaggini tipiche del periodo, come la Cassa del Mezzogiorno e l’obbligo di sottoscrivere le obbligazioni dei banchi meridionali: molto evitabili e molto dimenticabili. In ogni caso, quando al Governo c’era il partito del cui ufficio politico fa parte l’on.le Lupi, si potevano fare tante cose per migliorare il rapporto banche-imprese, anche a costo zero. Ma già, è vero, c’era Tremonti, l’alibi perfetto per non legiferare, che non lo permetteva. Peccato.

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