E di San Marino (nelle cause) non c’è traccia.
Immediatamente dopo il loro insediamento i Commissari hanno avviato una ricognizione delle problematiche esistenti rilevate dall’Organo di Vigilanza nel corso degli accertamenti ispettivi svolti, in uno con l’impegno per assicurare piena continuità all’attività della Banca, che è proseguita regolarmente.
L’esame della situazione aziendale ha evidenziato che la Banca sta attraversando un momento critico per:
Fattori endogeni
forte crescita dimensionale (è passata, in meno di un decennio, da una dimensione provinciale con poco più di 50 sportelli ad una interregionale con 120 sportelli e una banca controllata a San Marino) non accompagnata da un adeguamento organizzativo e dei controlli; cambio del sistema informativo, che, oltre a modificare in modo rilevante tutti i processi, senza che si prestasse la necessaria attenzione alle caratteristiche del nuovo sistema, richiede una gestione molto più attiva rispetto al precedente; importante gap generazionale (il 25% del personale ha meno di 5 anni di anzianità)
Fattori esogeni
perdurante crisi economica finanziaria, con forti impatti sulla redditività, sul rischio di credito e sulla liquidità del mercato; rilevante evoluzione normativa alla quale non hanno fatto fronte i necessari interventi su procedure e risorse umane e tecniche.
Banca Carim si è quindi trovata ad affrontare un contesto esterno molto difficile in una condizione interna di impegnativa trasformazione, con conseguenze visibili anche sul piano reddituale nonché sul rischio di credito, con un progressivo deterioramento della qualità degli impieghi, per i quali, a partire dal 2008, si è registrata una consistente crescita delle sofferenze nette e degli incagli, oltre che una notevole concentrazione quantitativa e qualitativa.
Dalla dei relazione commissari, assemblea straordinaria del 29 gennaio 2012.
Tutta colpa di San Marino, in effetti.