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La banalità del debito.

La banalità del debito.

La banalità del debito, ovvero della scontatezza assoluta, quasi elementare, con la quale le imprese, soprattutto le Pmi, concepiscono la copertura dei loro fabbisogni in un solo ed unico modo: il debito bancario, un atto dovuto. Ieri pomeriggio si è svolto l’incontro di presentazione della ricerca svolta da Anna Renzini e dal sottoscritto circa lo stato delle relazioni di clientela nella provincia di Rimini nel periodo 2008-2010. Oltre a rimediare un cartello di sollecito a chiudere il mio intervento (avevo sforato, è arrivato un foglietto con scritto “Tempo!”) pur avendo bastonato adeguatamente le banche, ed avendo suddiviso le legnate in modo equanime entrambi i protagonisti della relazione, mi sono sentito dire che avevo trattato gli impreditori, tutti, come brutti, sporchi e cattivi. Dei contenuti della ricerca, che sarà messa a disposizione in giornata, e delle conclusioni dell’incontro parleremo meglio. Per ora mi preme rilevare come, a parte l’intervento del vicedirettore generale di una banca locale, che ha colto nel problema di una relazione da fare ripartire, in tutti gli altri discorsi fatti da imprenditori siano presenti almeno due pericolose riduzioni. La prima riguarda l’idea che debbano essere le banche a fare ripartire tutto (quando le banche si decideranno ad immettere denaro nel sistema tutto cambierà), quasi che gli istituti di credito abbiano un tesoretto di liquidità nascosto nei caveau o che i denari, anziché raccoglierli, li stampino. La seconda, per l’ennesima volta, richiama la questione dei prestiti BCE all’1%, quelli dei quali politici in cerca di gloria facile chiedono conto al Governo Monti. Ognuno continui a pensare quello che crede, qua sul blog preghiamo solo il buon Dio che ci conservi ancora a lungo Mario Draghi.

Di johnmaynard

Associate professor of economics of financial intermediaries and stock exchange markets in Urbino University, Faculty of Economics
twitter@profBerti

2 risposte su “La banalità del debito.”

Sarà perché sono romagnolo anch’io, sarà perché sono un blogger anch’io o perché anch’io mi occupo di Pmi, sarà per questo che sono arrivato fin qui a leggere questo articolo.
Concordo con lei nella critica agli imprenditori ( non tutti ), ma per Dio, in tema di macro economia sempre Dio ci salvi da Mario Draghi e da tutti quelli che falsificano il denaro re distribuendo costantemente la ricchezza dalle fascine più deboli a quelle più vicine alla stampante.
Non è mia intenzione convincere un Keynesiano come lei della fallacia di queste ricette economiche, per uno come me di idee economiche ‘austriache’ è una missione impossibile. Ma scrivere che le banche non stampano denaro è quantomeno da ingenui, la riserva frazionaria cos’è se non un aumento dell’offerta monetaria ?
Comunque rispetto quello che sta facendo e la passione con la quale scrive, io faccio lo stesso a questo indirizzo:
http://www.robertogorini.it

Roberto Gorini

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Ringrazio Roberto Gorini per il suo intervento. Sono keynesiano per quello che Keynes ha rappresentato in passato, mi convincono molto meno i suoi epigoni: mi ha sempre persuaso il suo non usare modelli ed il modo di ragionare. Ciò non fa di me un pericoloso bolscevico statalista, spero. Ritengo che Draghi, del quale ammiro l’arte di banchiere centrale, sia riuscito in ciò che mai Trichet avrebbe potuto, ovvero stampare denaro e gettarlo con Ben Helycopter Bernanke sulla testa degli europei, immettendo quella liquidità di cuià gli USA godono con QE della Fed. Sulla questione del signoraggio non mi addentro, ma contesto che la riserva obbligatoria equivalga a stampare moneta. Ad maiora.

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