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Dividends and cash flow do matter (non sappia la tua destra quello che fa la tua sinistra 2).

Dividends and cash flow do matter (non sappia la tua destra quello che fa la tua sinistra 2).

E sempre a proposito di finanza etica, nella stessa storia di copertina di Plus24 di cui ci si è occupati ieri, appare un’intervista al prof.Perrini, a cura di A.Criscione, che fa “il punto con Francesco Perrini, direttore del Cresv (Centro Ricerche su Sostenibilità e Valore) presso l’Università Bocconi. Il quale spiega come il filtro dell’«etica» permetta di evitare spesso situazioni spiacevoli e ricorda come Parmalat fosse inciampata sulla trasparenza in questo tipo di valutazione ed esclusa dai fondi etici prima del crack finanziario. Innanzitutto cosa è la finanza etica? Il secondo termine forse oscura il primo e più che alla finanza e quindi agli investimenti, poi si pensa alla beneficenza e alle buone azioni.
È vero. Il termine “etica” da noi crea qualche complicazione. Tanto che nel mondo anglosassone si parla di investimenti sostenibili e l’acronimo più corretto Sri, socially responsible investing, in italiano dovrebbe essere «risparmio gestito in modo socialmente responsabile». Preferisco per questo: finanza sostenibile nella dimensione finanziaria sociale e ambientale. In Italia è però ormai in uso il termine di finanza etica ed è vero che “etica” oscura “finanza”. Anzi può creare fraintendimenti perché non fa pensare immediatamente a quello che invece è chiaro nel resto del mondo, ovvero che si investe in imprese che rispettano tutta una serie di parametri.
Quali parametri?
Sono essenzialmente tre: la responsabilità sociale, la sostenibilità ambientale e la trasparenza nella corporate governance, che si aggiungono ai classici criteri di valutazione di tipo finanziario relativi alle azioni e alle obbligazioni. Questi criteri permettono di selezionare quei titoli che nel tempo danno i migliori risultati e minori rischi.”

L’intervista prosegue fino al punto in cui Perrini, a domanda, risponde: “A cosa è dovuta la “tenuta” di questi titoli?
Certamente se compriamo un titolo di aziende che rispettano parametri di responsabilità sociale, di sostenibilità ambientale e di trasparenza nella governance, che perciò hanno una serie di rischi inferiori e una aspettativa di sopravvivenza superiore, rendono un po’ di più degli altri.”

L’affermazione è un po’ apodittica e lascia perplessi, così come altre nel corso dell’intervista; che d’altra parte, appunto, è un’intervista e non un saggio accademico, al quale richiedere fonti e citazioni bibliografiche.

Mi resta una domanda: la performance (vedi Prospetto nei Documenti) di un fondo come il Vice Fund, che dal 2002 batte regolarmente l’indice S&P 500, nel 2012 è tornato ai livelli precedenti il 2009 e che investe in titoli di aziende che si occupano di armi, case da gioco, tabacco e bevande alcooliche come si spiega?