Più imprese, meno case (cosa deve fare #Carim, banca del territorio).
La telenovela Carim pare essersi conclusa ieri, con la nomina del nuovo Consiglio di Amministrazione e la fine del commissariamento più lungo che a memoria di prof io ricordi di aver visto.
La fine della triste vicenda dovrebbe recare qualche insegnamento, al di fuori dei facili schematismi del “dopo” e delle petizioni di principio che già affollano i servizi giornalistici: uno su tutti, lo slogan della locandina di un giornale locale “Meno soldi per case ed alberghi” che, se fosse vero (ma Carim si è affrettata a smentire), dovrebbe stimolare solo brindisi di gioia ed un corale “finalmente!”.
Delle tante questioni che il ritorno in bonis di Carim mette sul tappeto, le due principali mi paiono quelle riguardanti il credito alle imprese del territorio, da una parte e, dall’altra, il ruolo dell’azionista di maggioranza, la Fondazione, negli scorsi ottusamente cieca ed ignava di fronte allo scempio della banca fatto dagli uomini da lei stessa nominati (solo gli ingenui possono pensare che Carim sia stata commissariata due anni per colpa della ex-controllata sanmarinese CIS).
Se Carim sarà davvero attenta alle esigenze del territorio, non concederà credito per alimentare la rendita immobiliare o turistica, ma accompagnerà quello che, molto ambiziosamente, il Sindaco Gnassi definisce piano di riqualificazione dell’offerta turistica: vaste programme, varrà la pena riparlarne. Quanto alla Fondazione, che conta i giorni che la separano dal 2015 (data prevista per il ritorno del dividendo: ma il piano strategico è tutto da fare), non sarebbe male se riflettesse, in tutte le sue componenti, su quanto possa far male intromettersi senza vigilare, decidere senza controllare, chiedere ritorni senza esigere responsabilità. Il commissariamento morale della Fondazione Carim è nei fatti, prenderne atto sarebbe un gesto di sano realismo.