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Abbiamo una banca (che fa porcate).

Abbiamo una banca (che fa porcate).

Mi scrive un Collega ed amico e mi fa ricordare che il Partito ha ancora una banca, le cui azioni sono scambiate 5 a 1 con un caffé e che, nonostante questo (o forse proprio per questo?) fa le porcate di cui di seguito.

te la ricordi? è quella porcata di cui mi aveva chiesto lumi quel mio studente che lavorava per MPS; l’altro giorno Penati l’ha citata in un articolo su La Repubblica che ti allego
ciao

BANCHE ITALIANE SALVE A SPESE DEI CITTADINI

DI TRASPARENZA e costi dei servizi bancari non si parla più. La crisi finanziaria ha cambiato le priorità: oggi il risparmiatore viene sacrificato sull’ altare della stabilità. Le banche continuano vendere alla clientela, a tassi inferiori a quelli di mercato, obbligazioni proprie con liquidità limitata; spesso «strutturate», cioè contenenti uno strumento derivato che il risparmiatore non sa come valutare. Complessità e opacità mascherano costi esorbitanti che rendono inadeguati i rendimenti (che le banche stesse ammettono nei fogli informativi). Ci sono poi gli strumenti ibridi, dalla rischiosità elevata, collocati come semplici obbligazioni: i subordinati (ricomprati con profitto dalle banche dopo che il loro valore è crollato); o le convertibili, con clausole variate a favore della banca; o il famoso convertendo della Bpm: di fatto un contratto forward su azioni della banca. L’oscar va a Casaforte di Mps: una cartolarizzazione degli affitti degli sportelli della banca (acquistati coi soldi della banca) e finanziato con un bond emesso da un veicolo ad hoc, e interamente collocato presso i clienti di Mps. Ci sono le polizze assicurative, di fatto normali strumenti finanziari, ma con commissioni esorbitanti (i «caricamenti» che arrivano facilmente al 7%). L’industria del risparmio gestito rimane essenzialmente bancaria, captive e costosa; così non si sono sviluppati fondi-indice a costi risibili, in concorrenza agli Etf. C’è poi la discriminazione di prezzo: lo stesso servizio o strumento della stessa banca offerto a prezzi diversi a clienti diversi. E “fogli informativi” sterminati per il costo dei servizi bancari (ho contato fino a 32 pagine!), che vengono contabilizzati singolarmente nei rendiconti dei clienti, senza che venga mai comunicata la somma totale pagata nell’ anno. Rendendo difficili i confronti. La scarsa trasparenza è frutto della struttura assunta dal nostro sistema finanziario. Il processo di aggregazione ha trasformato le banche in grandi reti commerci! ali con una presenza capillare sul territorio: banche-supermercato che necessitano di un volume crescente di commissioni, generate dalla vendita di prodotti agli sportelli. Venti anni fa, le commissioni rappresentavano il 30% del margine di interesse, al netto delle sofferenze; oggi supera il 100%. Le banche dipendono quindi dalla capacità di estrarre commissioni, da un bacino di risparmio che la crisi sta erodendo. Una situazione aggravata da una pessima scelta di tempo: la svolta commerciale è avvenuta poco prima che internet rendesse obsoleta la distribuzione fisica dei servizi finanziari. Circa 60% delle transazioni avviene online; così si chiudono sportelli pagatia peso d’ oro pochi anni fa. La regolamentazione ha poi aumentato il costo del capitale per i prestiti, rendendo gli interessi un ricavo meno attraente. Inoltre le banche hanno acquisito il quasi monopolio dell’intermediazione dei flussi finanziari in Italia: Parmalat e Cirio hanno distrutto il mercato dei corporate bond; la crisi del 2008, quello delle cartolarizzazioni; per capitalizzazione e società quotate, la Borsa è tornata indietro di 25 anni e non è mai diventata un vero mercato della proprietà e del controllo; e i capitali stranieri sono tenuti fuori, con il pretesto dell’ interesse nazionale. L’intero onere di finanziare il sistema ricade pertanto sulle banche. I depositi non bastano più. Le obbligazioni sono diventate la prima fonte di finanziamento. Ma con la crisi dell’euro, si è inaridito il canale istituzionale ed estero per le banche italiane, che devono pertanto ricorrere sempre di più ai soliti clienti per collocare i bond, e a tassi inferiori al mercato. Mors tua (risparmiatore), vita mea (banca). In nome della stabilità. Inutile poi invocare più concorrenza e regolamentazione, se non si ha il coraggio di invertire l’evoluzione del sistema finanziario, in direzione di una disintermediazione delle banche, una maggiore permeabilità ai capitali stranieri, e la costruzione di un mercato efficiente dei capitali.
ALESSANDRO PENATI
Alessandro Penati non si commenta, si cita con il cappello in mano e la dovuta umiltà. Quanto al Partito, quello con la P maiuscola, quello di cui si celebrano le primarie il 25 novembre, quello che esprime i soci di maggioranza e che ha sempre scelto manager ed amministratori attraverso gli enti locali che controlla, ebbene, quel Partito non ha proprio nulla di nulla da dire?

Di johnmaynard

Associate professor of economics of financial intermediaries and stock exchange markets in Urbino University, Faculty of Economics
twitter@profBerti

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