Noi non metteremo le mani nelle tasche degli italiani.
Noi no, ci pensa qualcun altro. La notizia della dichiarazione di insolvenza del Credito Cooperativo Fiorentino non è appena la notizia, abbastanza ovvia, della conclusione, altrettanto scontata, di una grave crisi bancaria, fatta di conflitti di interesse, di mala gestio, di abile fuga da ogni sorta di controllo (il Credito Cooperativo Fiorentino era uscito dalla Federazione Toscana delle Bcc proprio per non dover subire le revisioni dell’internal audit e “gestire” a proprio modo il controllo contabile).
Non è un normale fallimento bancario, è un salvataggio, assai costoso: e non per il contribuente, inteso come Erario, no, è costoso per il popolo. Per tutti i clienti delle Bcc, il cui fondo di garanzia ha pagato per il salvataggio, perché la crisi fosse risolta, perché si mantenesse la fiducia nel sistema della cooperazione di credito: ogni Bcc d’Italia ha pagato la sua parte. Sono denari che non potranno essere erogati alle imprese, proporzionalmente al patrimonio di vigilanza, intaccato dalle eroiche gesta di Denis V. Probabilmente sono comunisti i giudici, quelli della Vigilanza di Banca d’Italia e certamente qualcuno troverà il modo di dire che il fallimento del CCF è stato uno scippo. Sarebbe bene che quel qualcuno spiegasse ai compagni di merende dell’ufficio politico del PdL (trop vaste programme, en effet) che S.B. no, ma qualcuno le mani nelle tasche degli italiani gliele ha messe, eccome.