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Alibi.

Alibi.

Matteo_Renzi Matteo Renzi mi piace. Alle “prime” primarie, quelle dove perse con Bersani, lo votai pure. Mi piace quel che dice, avverto sintonia con gran parte dei suoi intendimenti, potrei pure rivotarlo alle politiche. Premesso che il Presidente del Consiglio non necessita dei miei inutili endorsement, quella frase sulle “banche che non hanno più alibi” continua a farmi pensare. Mi fa pensare perché mi sarei aspettato che Confindustria la cavalcasse immantinente, mentre Squinzi si è messo a dire che le imprese hanno salvato l’Italia. Gli ri-chiedo (l’ho già fatto retoricamente su twitter): quali? Quelle che hanno comprato il terzo capannone mentre ne avevano già due anzichè investire in tecnologia? Quelle che si lamentano dello Stato che non paga e poi però tengono i trentenni come co.co.pro. per anni? Forse Squinzi non è interessato. L’ABI, allora: forse l’ABI, per bocca del suo ineffabile presidente Patuelli o di qualcun altro. No, l’ABI ci ha tenuto a far sapere che la domanda di mutui è in ripresa: non sappiamo per comprare cosa, probabilmente “garanzie” che nel frattempo si sono certamente ri-valutate e che così diventano di nuovo liquide. All’ABI di Renzi non interessa. La Banca d’Italia? La relazione del Governatore è stata una delle più modeste degli ultimi anni, persino umiliante per il prestigio dell’Istituto quando afferma che gli interventi effettuati per crisi bancarie riguardano l’1% del mercato. Alla Banca d’Italia, a quanto pare, importa la corretta “classificazione a voce propria”, ovvero che gli incagli siano chiamati col loro nome e così le sofferenze. Non importa la cura per il credito deteriorato, ma che la febbre sia ben misurata.

L’impressione è che la frase del Presidente del Consiglio, certamente scaltra sotto il profilo politico e del consenso, sia caduta in una sorta di terra di nessuno. Una no man’s land sospesa da una parte tra banche (purtroppo e soprattutto locali) che ancora oggi dicono di voler portare a casa ricavi da servizi ma non facendo consulenza alle Pmi sulla gestione del fabbisogno, bensì vendendo polizze, carte di credito e fondi di investimento (e il margine di interesse? e la remunerazione della raccolta? e il fare banca per davvero?) E dall’altra tra imprenditori -o presunti tali- che continuano a chiedere denari per aprire bar, tabacchini, pubblici esercizi, edicole, ed altre ignobilia del terziario arretrato. Senza mai mettere un soldo. Senza calli nelle mani, mai, neppure in prospettiva. Oppure rinviando l’affronto dei problemi, quasi sempre economici e mai finanziari, come ormai accade da 7 anni.

Le banche non hanno più alibi. Ma a quanto pare, hanno molti complici.

 

 

Di johnmaynard

Associate professor of economics of financial intermediaries and stock exchange markets in Urbino University, Faculty of Economics
twitter@profBerti

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