Adottare il modello di banca “resiliente” (Popolare di Bari e altre storie).
Sul Sole 24Ore on line di oggi si legge, a firma di Vincenzo Rutigliano e a proposito di Popolare di Bari che “(…) il nuovo cda uscito dall’assemblea dovrà quindi guidare il gruppo in uno scenario complesso nel quale, superato oggi lo scoglio del bilancio e ad approvazione intervenuta del piano di conservazione del capitale, si potrà capire il destino del piano industriale 2019/2023, varato a gennaio scorso e che prevede, oltre alla nuova governance «inclusa la nomina di un nuovo cda», anche molto altro. Ovvero l’adozione di un modello di banca resiliente, un recupero di redditività e, tema dei temi, il percorso della trasformazione societaria con l’ipotesi della nascita di Banca spa, per un complessivo recupero del valore investito dagli azionisti, allargandone la partecipazione agli attuali soci della cooperativa.” Citando impropriamente il grande banchiere Mattioli -che tuttavia parlava di bilanci bancari- si potrebbe dire che coloro che si appassionano ai piani industriali delle banche sono parimenti affascinati dalla fantascienza, nel senso letterale di fiction.
Ma leggere che il piano industriale della Popolare di Bari poggia sull’adozione di un “modello di banca resiliente” ricorda un po’ quegli allenatori che, a prescindere dalla qualità e dalle capacità dei loro giocatori, adottano uno schema, che deve funzionare a prescindere. E poiché la resilienza è un concetto caro a Basilea 3, si “porta” molto, in qualunque piano industriale. Forse sarebbe anche il caso di chiedersi cosa si vuole fare da grandi per il proprio territorio di riferimento. Ma, quest’ultimo punto, si “porta” di meno.