
Piani (?) di rientro.
Sul Sole 24Ore di lunedì 23 maggio, un articolo a firma di Sandro Feole prende in esame i temi suscitati dal dibattito sull’iter negoziato per la composizione delle crisi d’impresa introdotto dal Dl 118/2021. Il tema è certamente scottante e riguarda le garanzie rilasciate da SACE e MCC che, una volta escusse, godrebbero del privilegio generale ex art.8 bis del Dl 3/2015, al contrario delle offerte transattive formulate alle banche, da considerarsi chirografe. Per avere un ordine di grandezza della questione, di parla di oltre 200 miliardi di € di crediti concessi a una platea di micro e Pmi di circa 2,5 mln di soggetti.
Nel regolamento a suo tempo emanato dal Ministero per lo sviluppo economico, in tema di procedura telematica che la banca può attivare per escutere le garanzie, si afferma che la stessa non può essere attivata se l’impresa non offre almeno il 15% di quanto dovuto: difficile non pensare alla miriade di concordati in bianco, dove le percentuali sono, nei fatti, di qualche decimale superiori allo zero.
Come giustamente ricorda l’articolista la scelta spetta all’istituto di credito, che dovrà valutare la convenienza alternativa tra liquidazione e diniego, sbarrando la strada all’accordo e aprendo la strada alla procedura concorsuale più penalizzante e certamente non voluta dal legislatore, il fallimento.
Giustamente, tutta la legislazione recente in tema di crisi d’impresa cerca di garantire la continuità aziendale, ritenuta ormai “scopo primario” se non ultimo, delle procedure concorsuali, superando la vecchia concezione liquidatoria della par condicio creditorum: le modifiche del CCII propongono, d’altra parte, un termine di due anni per i piani di rientro.
La questione proposta da Feole in finale dell’articolo è, tuttavia, “la questione”: usare gli stand still già proposti dalle banche, a patto che siano compatibili con le classificazioni a UTP o NPL. Qui rientra o, se si vuole, cade l’asino di tutta la vicenda: sulla base di quali presupposti analitici, previsioni basate su assumptions ragionevoli le banche faranno tali valutazioni, posto che a tutt’oggi risulta faticoso ottenere (forse ancora di più: decidere di chiedere!) un business plan a imprese in bonis? Ricordando, in maniera del tutto incidentale che siamo di fronte a una UTP ogni volta che l’impresa non è in grado di rimborsare le proprie obbligazioni passive se non attraverso l’escussione delle garanzie. Valutazione, ricordiamolo, lasciata alla discrezionalità della banca, a norma EBA, anche per i debiti in moratoria. Message in a bottle da un amico di un ufficio fidi, grossa banca del Nord-Est: “Ci chiedono la valutazione del DSCR prospettico 2022 (!) ma qui è già tanto che ci abbiano mandato i bilanci 2020”.
Tante care cose.