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Alessandro Berti Capitalismo Crisi finanziaria Cultura finanziaria

Ma se io avessi previsto tutto questo, dati, cause, pretesto, le attuali conclusioni…

Ma se io avessi previsto tutto questo, dati, cause, pretesto, le attuali conclusioni…

Già successo, ma alla Regina Elisabetta si perdona tutto. All’inizio della grande crisi 2008-2018 HMQ si altera un po’ con gli economisti, bacchettandoli per non avere previsto la crisi. Ovviamente finisce lì.

Quella che è finita oggi, sul Corriere, è stata la mascalzonata, che non perdono, di titolo e contenuti, riguardante il “flop degli economisti che non avevano previsto tutto questo“. Mi pare che il giornalista fosse Rampini, ma potrei sbagliare: è sparito dal sito un articolo che per due o tre giorni, aprendo corriere.it appariva come prima notizia. Ora, io non sono un economista e non ho previsioni da difendere, ma qualche volta vorrei solo ricordare che nonostante modelli, equazioni, matrici e derivate, l’economia resta una scienza sociale. L’abbiamo riempita di quantità perché proviamo sempre a inscatolare la realtà nei nostri schemi, ma la realtà deborda. Se l’economia fosse una scienza esatta come la fisica, sapremmo che come l’acqua bolle a 100° e gela a 0°, così in qualche modo per prezzi, salari, tassi di interesse etc…

Chi ci prende sempre è solo Nouriel Roubini, perché dice sempre le stesse cose, preconizzando che qualcosa andrà male; e come ogni orologio rotto, due volte al giorno dice l’ora esatta, lui può dire:”L’avevo detto!”. Pessimista cosmico, a mio parere da incrociare solo dopo aver compiuto opportuni gesti apotropaici, il nostro incarna bene il signore della foto. Prevedere il futuro, sa farlo solo il divino Otelma: o il mago Alex.

P.S.: bisognerebbe ascoltare più spesso L’avvelenata di Francesco Guccini.

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Capitalismo Fabbisogno finanziario d'impresa Imprese Indebitamento delle imprese PMI

300 imprese al giorno non levano il medico di torno.

300 imprese al giorno non levano il medico di torno.

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Unioncamere ha comunicato che fra aprile e giugno le nuove imprese aperte da giovani di età inferiore ai 35 anni sono state ben 32.000, oltre 300 al giorno. Le note dolenti, come al solito, vengono dai settori e dalle motivazioni che hanno portato alla creazione d’impresa. Sostiene Il Sole di oggi a firma R.I.T.: “Che la risposta dell’impresa alla ricerca di un lavoro sia tra le principali motivazioni di questa crescita è confermato dalla prevalenza di micro-iniziative (nel 76% dei casi le neo-imprese giovanili nascono come impresa individuale) e dalla quota con sede al Sud: le nuove iniziative dei giovani meridionali rappresentano infatti il 40,6% del totale delle nuove imprese in quell’area del paese, con punte superiori o vicine a questa quota in Calabria, Campania e Sicilia. I settori in cui i giovani hanno scelto di puntare sono stati il commercio, i servizi di alloggio e ristorazione e le costruzioni.

Ecco appunto, i settori: commercio, servizi (alloggio e ristorazione) e soprattutto edilizia sono inseriti dall’ISTAT tra i settori che uniscono basse performance a modestia di investimenti, innovazione e crescita. Se a questo si aggiunge che le motivazioni “deboli” alla creazione di impresa (crearsi un posto di lavoro) sono fortemente correlate alla mortalità delle imprese nei primi tre anni di vita, si comprende come i numeri di Unioncamere non siano particolarmente positivi: si tratta di micro-imprese, verosimilmente marginali e destinate a rimanere tali, a bassa intensità di capitale investito ed a bassi margini.

Proprio per questo, a queste imprese non serve credito, ovvero il peso di oneri finanziari che probabilmente assorbirà quasi del tutto i margini: servirebbe, oltre che una politica industriale che “veda” il dopo-crisi (anche se mi accontenterei di una politica industriale pur sia, una qualunque, purché ci sia) anche un grande elavoro di educazione nei confronti di persone che, criticabili quanto si vuole, si stanno muovendo, stanno provando a fare qualcosa. E con le associazioni di categoria praticamente sfasciate dalla crisi è un lavoro che tocca fare in altri ambiti, a cominciare dall’università. Altrimenti mettere su un bel negozio da sciampista continuerà ad essere chiamato start-up: con rispetto parlando per le sciampiste.

 

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Capitalismo Crisi finanziaria Disoccupazione fiducia Indebitamento delle imprese PMI

Forconi, imprese marginali e altre storie.

Forconi, imprese marginali e altre storie.

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A me sembra, viste le categorie partecipanti, che questi non ce la fanno più a tenere la concorrenza e le tasse che cominciano finalmente a pagare sono la botta finale.
Però non è quello che li sta mandando in rovina. Un esempio su tutti: gli autotrasportatori tedeschi fanno lavorare i TIR 24h al giorno con turni a scorrimento: dopo 2 o 3 anni il camion viene sostituito, quindi tir sempre nuovi, logistica all’avanguardia, e impiegati che ottimizzano non facendo viaggiare mai vuoti i camion. Il padroncino Italiano anche sta sveglio 24h a lavorare non ce la può fare, anche senza pagare le tasse non ce la può fare. E ci credo poveraccio che vuol tornare a 20 anni fa, con mercati chiusi e protetti. Lo stesso si può dire di negozianti, tassisti agricoltori. Mi spiace per loro ma sono destinati economicamente a scomparire, è il capitalismo baby, se vi piace è così.. un grande con il barbone vi aveva avvertito che o diventavi un boss mondiale…o ciao
.”

BOBROCK3 dal sito de IlSole24Ore.com

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Borsa Capitalismo Energia, trasporti e infrastrutture Imprese Indebitamento delle imprese Silvio Berlusconi

Capitani coraggiosi (moriremo democristiani).

Capitani coraggiosi (moriremo democristiani).

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Cosa hanno in comune la madre di tutte le scalate del secolo scorso, ovvero l’operazione Telecom, e la privatizzazione fallita di Alitalia? Lo stesso “capitano coraggioso” (copyright della definizione di Massimo D’Alema), Roberto Colaninno (il cui figliolo, come verosimilmente il padre, milita nelle file del PD) che è riuscito nella doppia impresa di indebitare ultra vires Telecom e di gestire Alitalia senza scucire un centesimo, sapendo di poter poi addossare il problema, a quanto pare, alle Poste. Doppia impresa benedetta in modo bipartisan, nel primo caso dalla sinistra, appunto, di Massimo D’Alema, nel secondo caso dal centrodestra di Silvio Berlusconi.Il capitalismo straccione è prerogativa tutta italiana, che aggrava la “normale” propensione ad effettuare operazioni come quella di Telecom, che prevedono, anche negli States e ovunque nel mondo, che sia la società target, ovvero quella oggetto di take over a pagare i debiti contratti per acquisirla. Non c’è scandalo, in effetti; non sarebbe male ricordare che prima della scalata Telecom era governata dal “nocciolino duro” (6% del capitale) made in Fiat, il cui CEO Rossignolo passò alla storia per la nota ed infelice frase sulla sua potenza manageriale. Tutto normale o quasi, tranne la totale assenza di una qualunque politica industriale nel nostro Paese: per ritrovarne tracce si deve ritornare a Romano Prodi ministro dell’industria o, forse, alla buonanima di Fanfani. Così è, o appare normale, che si parli delle Poste per salvare Alitalia, senza che nessuno, a destra o sinistra, provi un minimo senso di vergogna.

Moriremo democristiani.

 

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Capitalismo Imprese Stato

Marketing & moralismo. Nello Stato (!?) si realizza l’essenza dell’Eticità.

Marketing & moralismo. Nello Stato (!?) si realizza l’essenza dell’Eticità.

Così recita una pagina pubblicitaria sul Corriere di oggi, per Brunello Cucinelli. Non c’è molto da dire, solo rammentare che lo Stato etico per eccellenza era quello nazionalsocialista: a rovistare nella costituzione del Soviet, probabilmente anche l’URSS rappresentava lo Stato etico. Non saprei. Mi chiedo solo se Cucinelli sapeva quel che faceva il suo pubblicitario mentre predisponeva l’inserzione, di un moralismo che fa rabbrividire.

 

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Capitalismo Disoccupazione Imprese Lavoro

L’art.18 e il pubblico impiego sono casse da morto.

L’art.18 e il pubblico impiego sono casse da morto.

(…) L’articolo 18 e il pubblico impiego sono casse da morto dove per pigrizia ci si rinchiude. Chi ambisce a così poco, si accomodi, è libero di farlo, ma lo stato non può fornirgli la cassa, è eutanasia. Lo stato deve fomentare la voglia di vivere, e vivere significa lottare, inventare, cambiare, fare quel che si ama e amare quel che si fa. Dio ci scampi dai disinteressati. L’interesse crea l’etica nell’uomo, se non si ha interesse per quel che si fa, lo si fa male e si fa del male; ma si può essere interessati solo a quello che liberamente si sceglie in uno slancio amoroso, non per una comodità o un tornaconto. Il posto ciascuno se lo deve creare, a misura del proprio desiderio, solo allora si sentirà vivo. Appena possono, gli impiegati a tempo indeterminato si abbandonano al lamento e all’ipocondria, raccontandosi l’un l’altro le proprie malattie, vere o presunte; vivono nell’attesa della morte, metafora di quel licenziamento che li scaraventi in una qualche impresa. Pubblici o privati che siano gli operai non parlottano, non si lamentano, non ne hanno il tempo, non possono distrarsi, rischiano la pelle. C’è tanto amore e tanto prigioniero desiderio nel loro affannoso destino che quando sento che si mettono insieme fondando una cooperativa o qualche padrone li associa all’impresa, mi si apre il cuore.
Umberto Silva, Il Foglio, 4 febbraio 2012

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Borsa Capitalismo Imprese IPO

(S)quotarsi un po’: delisting Benetton per non addetti.

(S)quotarsi un po’: delisting Benetton per non addetti.

Ma Piazza Affari è un problema che, con ieri, Ponzano Veneto ha cominciato a mettersi alle spalle. Al termine di una riunione del cda durata un’oretta, Edizione ha spiegato le ragioni dell’addio. Ritiene che «anche in considerazione della protratta volatilità dei mercati azionari» il delisting «possa fornire al management la flessibilità richiesta nel medio e lungo termine» per sviluppare le «azioni necessarie a fronteggiare le sfide derivanti dal mutato contesto competitivo». Di fronte a scenari nuovi, occorre «una strategia di rafforzamento del modello di business su cui sono fondati la storia e il successo di Benetton».

Alla vigilia del cambio della guardia alla presidenza, con Alessandro Benetton destinato in primavera a succedere al padre Luciano, Piazza Affari non è più considerata funzionale a un progetto di rilancio industriale. Anzi. Di qui l’obiettivo di raggiungere almeno il 95% del capitale per procedere alla revoca dalla quotazione nel giro di qualche mese.

Francesco Spini, La Stampa.

Traduzione: ci ricompriamo l’azienda a prezzo vile, dopo aver monetizzato quanto possibile con l’IPO. Poiché non siamo più quotati non abbiamo più costi e noiose incombenze. Paghiamo molto bene i nostri consulenti di comunicazione perché riescano a non dire niente facendo finta di spiegare tutto.

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Borsa Capitalismo Keynes

Siamo stati ricostruiti dal capitalismo, siamo la sua sostanza peccatrice.

Siamo stati ricostruiti dal capitalismo, siamo la sua sostanza peccatrice.

L’avidità quando si diffonde capillarmente non torna più indietro. Si può stemperare ma non scompare. Restiamo freddi di fronte al film maledetto che il “tedesco” Erich von Stroheim girò a Hollywood per denunciare la rapacità umana, la partita infernale che inizia con cinquemila dollari vinti alla lotteria e si conclude con due cadaveri nel deserto in mezzo al nulla, fra i riflessi abbaglianti di monete d’oro che nessuno userà più. Non ci stiamo più a credere che l’avidità sia il buio dell’anima, disgreghi l’uomo e lo porti alla rovina, alla morte. Tra il professore di liceo di mezzo secolo fa e il compendio dell’utilitarismo inversione hollywoodiana non c’è scelta possibile. Veniamo dalla cultura greca ma siamo stati ricostruiti dal capitalismo, siamo la sua sostanza peccatrice. Alle generazioni a venire, Keynes raccomandava di distinguere tra l’amore per il denaro come possesso, morboso e leggermente ripugnante, e l’amore per il denaro come mezzo per ottenere le gioie e sperimentare la realtà della vita. Se improvvisamente proviamo vergogna, ricordiamoci almeno della lezione del genio scapestrato che giocava in Borsa e non disdegnava il piacere.

Lanfranco Pace, Il Foglio, 21 gennaio 2012

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Capitalismo Crisi finanziaria Felicità fiducia Germania

Hai una ragione per vivere (you get what you give).

Hai una ragione per vivere (you get what you give).

Hai la musica nell’anima, non lasciarla andare
Hai la musica nell’anima, c’è ancora qualche ballo
questo mondo sopravviverà, non cedere
hai una ragione per vivere
non possiamo dimenticare
abbiamo solo quello che meritiamo.

New Radicals You get what you give

 

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Capitalismo Economisti Educazione

Il loro io, in difetto atavico, irrigidito nelle procedure, scarso, li predispone in maniera formidabile per il capitalismo.

Il loro io, in difetto atavico, irrigidito nelle procedure, scarso, li predispone in maniera formidabile per il capitalismo.

“L’Europa sta avanzando risolutamente verso l’ideale cinese di rendere simili tutte le persone.” Sono parole di John Stuart Mill che, nel 1859, previde questo nostro paradossale presente. Il fatto che nessuno se ne ricordi conferma la pochezza espressiva della scienza economica. Anche perché questa frase di Mill poteva dirsi più che una profezia: era nesso sociologico che legava la tendenza generale all’omologazione e il trionfo della Cina. “La tendenza all’omologazione è tendenza generale, ma ancora in fase”, scriveva. E gli eventi hanno svolto la tendenza in fase ulteriore. Un capitalismo, in uno stato alterato, impensabile persino a Weber, concede ai cinesi di prevalere. Il rendere tutti più simili fa contare infine solo i numeri. Così, alla non alta produttività cinese è bastato nutrirsi dei suoi eccessi demografici, di poveri per centinaia di milioni trascinati dalle campagne negli orridi e pullulanti formicai di cemento delle città. Il loro io, in difetto atavico, irrigidito nelle procedure, scarso, li predispone in maniera formidabile per il capitalismo.

Geminello Alvi, Il capitalismo. Verso l’ideale cinese, Marsilio