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Banca d'Italia Banche Crisi finanziaria Imprese Indebitamento delle imprese Mutui e tassi di interesse Relazioni di clientela

Deterioramenti (downgrading creditworthiness).

Deterioramenti (downgrading creditworthiness).

La segnalazione da parte di Banca d’Italia dei rischi connessi all’aumento delle sofferenze e dei crediti deteriorati viene ricondotta, nello sbrigativo riassunto del Sole 24 Ore, alla contrazione dell’attività economica ed all’aumento dei tassi (questi ultimi dovrebbero crescere in funzione dell’accresciuta rischiosità dei prenditori, non il contrario). Singolarmente, ma non troppo, il bollettino economico della Banca d’Italia viene pubblicato nello stesso giorno in cui le imprese italiane più prestigiose (Generali ed Eni) subiscono il downgrading “per il collegato disposto” dell’abbassamento del rating tricolore. Sul downgrading di Generali e di Eni ci sarebbe da discutere, perché è realmente discutibile che uno Stato Sovrano estenda la sua presunta peggiorata capacità di restituzione del debito a due imprese, due delle poche, multinazionali. Ma tant’è, come ha detto il Presidente del Consiglio dobbiamo imparare a conviverci e, in finale, ad essere consapevoli di quello che valiamo. Dimostrandolo, infine, vista la bontà d’animo della signora Merkel (sia fin d’ora maledetto chiunque, fra qualche tempo, verrà a dirci che, come la Tatcher, “però era buona”), intenzionata a tirare la corda quanto più possibile.

Quanto alle sofferenze, il discorso è ben diverso e peggiore. Mentre per il rating del Paese possiamo pensare, con qualche ragione, che i giurati del nostro beauty contest si siano sbagliati o siano al soldo di un’altra concorrente, maggiormente dotata di noi, per le imprese, soprattutto per le Pmi, la questione a mio parere è più grave. I giurati, ovvero le banche, tanto per rimanere all’esempio del concorso di bellezza, stanno facendo finta di non vedere, o non vedono. Le imprese sorridono nervosamente, facendo finta che le cose vadano bene, facendo finta di essere belle: chi ha immobili non li vende, per non rendere liquida una minusvalenza preferisce contabilizzare una plusvalenza di carta. Chi ha capitali non li mette, chi ha bisogno di liquidità presenta piani di rientro che spostano tutto in avanti, senza mettere in discussione l’unica cosa che dovrebbe essere rivista, la formula competitiva. Non sai cantare, non sai ballare, non sai neppure l’italiano e sei pure bruttina: ma non vuoi uscire dalle selezioni e, per giunta, non vuoi neppure studiare. Chi ha margini ridicoli, come i benzinai, protesta perché la concorrenza favorita dalle liberalizzazioni li metterà sul lastrico; bene, ma è difficile non chiedersi chi glielo faccia fare. Perché fare tanta fatica per due soldi? A tacere di quei benzinai, veri e propri “criminali economici”, che accettano dai camionisti -altra categoria a rischio- pagamenti con postdatati ed altre amenità. Bene, abbiamo appreso che il profitto da fame di 2 centesimi a litro sarà difeso con soli 7 giorni di chiusura. Magari chiudessero, ne chiudessero di più. Ma non lo faranno, perché neppure sanno quello che fanno. Stanno difendendo il nulla. Come si dice su twitter #sapevatelo.

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Banche Giulio Tremonti Indebitamento delle imprese Mutui e tassi di interesse PMI Silvio Berlusconi

Perché non si può essere indifferenti allo spread.

Perché non si può essere indifferenti allo spread.

I differenziali di tasso fra Bund e BTP sono stati definiti, dai difensori del Governo dimissionario, come l’espressione di una congiura dei due pasticcioni franco-tedeschi (qualcuno, se non sbaglio, ha parlato anche di signorina spread), nonché della finanza internazionale ed altre amenità. Con il che sottacendo un effetto disastroso (Il Fatto Quotidiano lo ha chiamato l’effetto B. sulle banche), quello che ha generato l’immediato rialzo dei tassi attivi, quelli che le banche praticano sui tassi alla clientela. Il perché ciò accada non è difficile da capire, anzi è molto semplice: i titoli di Stato hanno rendimenti elevatissimi, che fanno concorrenza ai tassi passivi che le banche applica(va)no alla clientela. In questo momento, se va bene, le banche raccolgono offrendo tassi al 4/5 %: ne deriva che i tassi attivi non possono che essere più alti, portandosi, sui finanziamenti a breve termine, perlomeno sul 7% o più, per i prenditori più rischiosi. A questo punto l’indebitamento delle Pmi, elevato in tempi normali, elevatissimo in tempi di crisi, non può che diventare insostenibile. Questo comporta lo spread, tutto il resto non ha importanza. Ci si risente lunedì.

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BCE Economisti Germania Giuliano Ferrara Keynes Mutui e tassi di interesse PIL Regno Unito USA

A proposito di keynesiani.

A proposito di keynesiani.

L’articolo di Paul Krugman, apparso sul New York Times, ha scatenato il dibattito fra tutti coloro, Giuliano Ferrara in testa, che ritengono che la BCE  e la UE debbano piantarla di essere le vestali rigide ed un po’ stupide dell’ortodossia monetaria e che si debba finalmente ri-cominciare a parlare di sviluppo, aiutando le economie ad uscire dalla crisi.

Va tutto bene, non possiamo che concordare: qui si voleva solo sommessamente ricordare che Krugman è un Premio Nobel per l’economia (argomento sul quale a Stoccolma vedono meglio rispetto, per esempio, alla letteratura). Ma soprattutto che è liberal e keynesiano.

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Banche Crisi finanziaria Cultura finanziaria Educazione Liquidità Mutui e tassi di interesse Regno Unito

La coscienza bancaria.

La coscienza bancaria.

Simone Giacomelli, Campagna marchigiana, presa di coscienza sulla natura (dalla rete).

Il Corriere della Sera, in un articolo che riprende un servizio del Daily Telegraph, parla di “coscienza bancaria” in riferimento all’attività di alcune banche inglesi che stanno mettendo sull’avviso (o lo faranno presto) i loro clienti riguardo al fatto che è necessario tagliare le spese e pagare i mutui. Il giornalista trova il modo di affermare che “in barba alla privacy dei dati e dei consumi, l’Inghilterra si difende anche così dallo spauracchio della crisi.”

Forse l’articolista non ha mai visto l’operatività dei back-office bancari, non è mai stata nei retro-bottega, quelli dove si fa il lavoro sporco; o forse pensa che le banche che finanziano persone fisiche con i mutui non conoscano vita, morte e e miracoli di costoro. Non è una questione di privacy, è che attraverso la lettura del conto, di addebiti e di accrediti, si conosce praticamente tutto quello che fa il cliente: che avrebbe solo un modo per difendersi dalla curiosità del finanziatore, ovvero usare solo contante.

Il problema, peraltro, non è appena di privacy, ma di educazione e di cultura finanziaria. Più volte mi è capitato di vedere clienti chiedere alla banca di procedere comunque ad addebitare le rate di Sky e di posticipare l’addebito del mutuo, comportamento che non può essere altro che frutto di mancanza di educazione finanziaria e di uno stile di vita e di consumi privo di senso del sacrificio, in cui tutto è dovuto. Le banche non avranno una coscienza, forse: ma se facessero anche in Italia quello che fanno nel Regno Unito non difenderebbero appena le loro ragioni creditizie, ma un modello di consumi e uno stile di vita che talvolta sembra non essersi reso conto della crisi.

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Banche Crisi finanziaria Mutui e tassi di interesse USA

Whether and when.

Whether and when.

Cosa fare se il prezzo della casa che hai comperato discende al di sotto del valore del mutuo che hai sottoscritto? A quanto scrive Bloomberg, le idee non sono chiare nemmeno nel sistema capitalistico più avanzato al mondo, quello americano. La storia della richiesta di rinegoziazione del mutuo da parte di Mr.Javier Gonzalez, che racconta che “the bank laughed when I said I wanted a principal reduction” è abbastanza significativa. Il columnist riassume efficacemente il problema quando afferma che “three years after the collapse of the housing bubble, one of the questions weighing on the real estate market is whether and when to write down the value of outstanding mortgages. Millions of houses, including almost a third of California’s mortgaged homes, are worth less than what was borrowed on them, according to CoreLogic, a real estate data company in Santa Ana, California.

Il problema non sembra molto diverso in Italia, anche se l’atteggiamento delle banche sembra più morbido: ma accanto al write-down, le banche statunitensi hanno già fatto in molti casi anche il write-off, ovvero hanno registrato la perdita e messo le case all’asta. In Italia siamo lontani anni luce dagli Stati Uniti, nel bene e nel male. Il mercato immobiliare è fermo, con le banche ed i proprietari insolventi che si guardano, senza che nulla accada. Nel frattempo, sta per scadere la moratoria: ne faremo un’altra? Quando?

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Mutui e tassi di interesse

A forza di parlare di trasparenza, si diventa oscuri.

A forza di parlare di trasparenza, si diventa oscuri.

Con il titolo “Prezzi poco trasparenti” comincia l’intervista di Marcello Frisone al prof.Umberto Cherubini, docente di matematica per le applicazioni economiche e finanziarie alla facoltà di Economia dell’Università di Bologna, apparsa sul Sole 24 Ore di oggi, supplemento Plus 24, che di seguito si riporta.

Occhiello “La commissione non dichiarata mina l’efficienza e la concorrenza”

Il fatto che le banche non indichino il prezzo della commissione applicata allo swap mina l’efficienza e la concorrenza del sistema bancario, imponendo costi alla collettività. La pensa così Umberto Cherubini, professore associato di matematica per le applicazioni economiche e finanziarie del l’Università di Bologna.

Professore, è vero che soltanto alla scadenza del derivato si possono quantificare gli effetti (positivi o negativi che siano)?

Come una cura o una medicina, se ha funzionato lo scopriamo soltanto dopo ma medici e case farmaceutiche ci dicono con quale probabilità ci possono migliorare la vita oppure creare problemi. Le scelte vanno fatte sempre prima ed è l’informazione ex-ante che conta nella medicina e nei derivati. E la questione della trasparenza si riferisce a questa informazione.

Il direttore generale del l’Abi, Giovanni Sabatini (si veda articolo a sinistra, ndr) sostiene che «la banca deve essere remunerata per il servizio reso nella vendita del derivato mentre è opinione diffusa che questo margine di remunerazione è una commissione illegittima e per di più occulta». Qual è la sua considerazione?

Sabatini ha ragione quando dice che il margine di remunerazione è una commissione assolutamente legittima. Anche che non sia dichiarata esplicitamente all’inizio del contratto è legittimo. Detto ciò, è comunque un problema che mina l’efficienza e la concorrenza del sistema bancario e impone costi alla collettività. La trasparenza dei prezzi consente infatti agli utenti di scegliere il contratto migliore e scoraggia comportamenti in cui il legittimo fine di includere una commissione ha minato, se non del tutto snaturato, l’efficacia di copertura del contratto.

Ma cosa significa snaturare l’efficacia del contratto?

L’abbiamo visto nella maggior parte dei contratti con gli enti pubblici. Un ente vuole cambiare dei pagamenti da fissi a variabili e io posso fargli pagare i miei costi imputando delle rate fisse (spread) oppure mettendo una soglia inferiore ai pagamenti a tasso variabile. Se metto la soglia al 7%, è chiaro che oltre a far pagare all’ente le commissioni non gli ho offerto il servizio che mi aveva chiesto, perché di fatto paga un tasso fisso. È come se al ristorante ordinaste pasta al vostro sugo preferito e vi servissero la pasta in bianco. Chiedereste: “Dov’è il sugo?”. “Ce lo siamo trattenuto per il coperto”. È chiaro che un ristoratore così non può reggere alla concorrenza. Eppure, l’esempio sull’ente che ho fatto è vero e la concorrenza non ha fatto giustizia.

Per l’Abi è inopportuno introdurre nel regolamento per i derivati venduti agli enti «gli scenari probabilistici adottati dalla Consob perché non incrementerebbero il livello di trasparenza». Elemento, quest’ultimo, invece di facile portata con l’approccio what-if proposto dall’associazione dei banchieri. Cosa ne pensa?

Nel calcio what-if significa che il risultato può essere 1, 2 o X, non è il massimo dell’informazione. Lo è invece se diciamo che un risultato è pagato 10 volte la posta. Nel caso del convertendo Bpm, per esempio, il prospetto avrebbe potuto limitarsi a segnalare la possibilità di perdere parte del capitale ma sapere che questo aveva il 70% di probabilità è stato senz’altro più informativo. La trasparenza sulla probabilità che un prodotto funzioni è altrettanto essenziale di quella sul costo. Questa trasparenza è all’ordine del giorno e affermarla non spetta certo alle Procure, ma impedirla sarà impossibile: la realizzeranno le associazioni di utenti e i consulenti indipendenti e, se necessario, l’università.

John Maynard, quello vero, e quello fasullo, che scrive qua sopra, non hanno mai fatto uso eccessivo della matematica (lo scrivente non la ama e non le ha mai preso le misure). Ma sia John Maynard, quello vero, sia quello di paese, hanno sempre amato la chiarezza, quella che manca:

  1. in un articolo che non corrisponde, nei titoli, al contenuto;
  2. in un’intervista, fatta ad uno scienziato dei numeri, rispetto ad un problema che è di funzionamento del mercato, non quantitativo;
  3. nell’esaminare un problema, quello del regolamento sui derivati, in preparazione presso il Ministero dell’Economia, che non può essere risolto rimanendo sul tema trito e ritrito della trasparenza.
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Banche Banche di credito cooperativo Mutui e tassi di interesse

Tassi di riferimento.

Tassi di riferimento.


Abbassami l’euribor, per favore. (*)

(*) sms ricevuto oggi da un preposto di Cassa Rurale del Trentino.

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Banche Indebitamento delle imprese Mutui e tassi di interesse Rischi USA

Spazzatura?

Spazzatura?

High yield o junk bond? La platea degli investitori tenderà sempre a dividersi fra chi vede nelle obbligazioni societarie con rating più basso un’opportunità da non lasciarsi sfuggire, e chi invece teme di incappare nella classica mela marcia e di perdere così il proprio capitale. Le dispute sul nome da affibbiare ai titoli, bond ad alto rendimento o spazzatura, resteranno. La realtà invece, almeno per adesso, parla di un momento d’oro per questo genere di bond. Le emissioni, per esempio, sono a livello di record: in base ai dati raccolti da Bloomberg, nei primi quattro mesi del 2011 i nuovi titoli high yield collocati sul mercato Usa sono stati pari a 112,6 miliardi di dollari, il 18% in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, che già si era chiuso con il record storico per vendite sul mercato primario (287,6 miliardi).

Così Maximilian Cellino sul Sole 24 Ore di martedì 26 aprile, facendone quasi una questione di tassonomia (dove finisce la spazzatura e dove comincia l’alto rendimento?) e trascurando, invece, due dati di realtà molto evidenti.

Il primo è che se la domanda è elevata significa che a qualcuno interessano rendimenti elevati, a prescindere: 112,6 miliardi di $ non sono emissioni criminali destinate a rapinare povere vecchine, sono soldoni, che qualcuno ha speso a fronte di passività che qualcuno ha emesso. Prenderne atto non sarebbe male, anziché parlare di roulette degli “high yield”: rimane l’idea, sullo sfondo, che ci sia il banco che, al solito, vincerà tutto, barando, mentre potrebbe trattarsi di un prezzo (i tassi elevati) di equilibrio del mercato.

Il secondo dato di realtà è che gli emittenti sono la Corporate America, ovvero imprese più o meno razionate dal sistema bancario. Cellino sottolinea la preoccupazione relativa al fatto che il mercato, ad un certo punto, possa smettere di “digerire” tanta carta e che il rialzo dei tassi renda meno conveniente per gli investitori, favoriti dalla politica dei tassi zero della Fed, l’investimento nei corporate-bond. Ma, vivaddio, per una volta si potrebbe anche dire che qualcosa di buono Helicopter Ben l’ha fatta: sia pure attraverso le tortuose strade dei bond, i denari alle imprese sono arrivati. Se gli investitori che acquistano questo genere di titoli non paiono proprio mammolette e se il rialzo dei tassi si accompagna, come dovrebbe, ad un po’ di ripresa, forse gli elevati rendimenti troveranno non solo un paragone reale ma, soprattutto concrete possibilità di remunerazione.

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Banche BCE Indebitamento delle imprese Mutui e tassi di interesse PMI Ripresa

La stangata.

La stangata.

Il titolo del fortunato film di George Roy Hill è divenuto da tempo sinonimo di duro colpo inferto a qualcuno: si va dalla stangata sui risparmiatori, a quella sulle imprese, fino alle squalifiche in campionato. L’abuso del termine lo depotenzia, come al solito, e cosparge di uniformità fenomeni che andrebbero pesati con misure diverse. Così è difficile credere che il rialzo di un quarto di punto dei tassi deciso dalla BCE, pur in presenza di possibili nuovi rialzi, possa rappresentare davvero una stangata da 1,3 miliardi (così si è espresso Il Sole 24 Ore Lombardia nella sua inchiesta sui nodi del credito di mercoledì 6 aprile). Più in piccolo, naturalmente, si legge che l’aggravio annuo è di 1.800 euro.

Difficile ragionare e fare informazione seriamente con titoli di questo tenore, anche se nel corpo dell’articolo il direttore generale di Artigianfidi Lombardia afferma che “come sistema associativo dobbiamo parlare meno di credito in senso stretto e più di finanza“, inquadrando correttamente il problema della gestione delle risorse finanziarie nelle Pmi in termini qualitativi e non quantitativi, di sostenibilità e non di semplice copertura. Oltretutto, proprio come il fotovoltaico, anche la questione tassi di interesse rischia di portare l’attenzione degli imprenditori lontano dal vero snodo cruciale della gestione nell’immediato futuro e nei prossimi anni, ovvero la competitività. Quella che si esprime alla riga del bilancio che non comprende gli oneri finanziari, la riga del risultato operativo.

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Banche Cultura finanziaria Educazione Mutui e tassi di interesse Ricchezza Rischi Risparmio e investimenti

Conflitti di interesse.

Conflitti di interesse.

Ed Gein, Il "macellaio" di Plainfield

Rosario Trefiletti, presidente di Federconsumatori, su Plus 24 di sabato: «È evidente che quando le banche consigliano i loro prodotti sono in conflitto di interessi. Per questo la nostra indicazione alla clientela è quella di scegliere in via prioritaria strumenti di investimento istituzionali: BoT o BTp, per esempio. Il risparmiatore in cerca di un buon consiglio lo può cercare in contrasto di interesse: chiedendo all’istituto di credito di indicargli un prodotto di un’altra banca. In ogni caso è buona regola chiedere diversi preventivi per poi scegliere a mente serena quello che risulta più conveniente: è la concorrenza che migliora l’offerta».

Chissà se Trefiletti fa il verduraio, o magari il macellaio; oppure il panettiere. Forse no. Probabilmente, per coerenza, avrebbe dichiarato fallimento, invitando i propri clienti a comprare mele e pomodori, bistecche e sfilatini presso la concorrenza. O invitandoli ad assaggiare i prodotti altrui. Nel frattempo, con proposte simili, non si dissuadono le banche dal cercare di fare raccolta a tutti i costi, anche a spese dei clienti, come ci ricorda Paolo Zucca sullo stesso giornale. «Gran parte dello sforzo delle banche – dice Giovanni Bianchini del consiglio Apb (Associazione per la pianificazione e controllo di gestione di banche e finanziarie) – è concentrato sulla raccolta, per avere la liquidità necessaria e flussi dai propri clienti. Quindi una garanzia forte contro eventuali choc esterni. Si sta tornando a un rapporto del 70-80% massimo di impieghi sulla raccolta, in parte perchè l’economia tira poco e in parte perchè una consistente raccolta diretta tranquillizza tutti, autorità comprese, ridimensionando gli eccessi nell’utilizzo dell’effetto leva. L’enfasi è quindi sulla raccolta con obbligazioni e altri strumenti “di casa”, c’è meno interesse al collocamento di prodotti di terzi».

Non è appena la concorrenza che migliora l’offerta, checché ne dica Trefiletti: se provassimo a migliorare la qualità della domanda?