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La La Bank

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Oggi, su ilsussidiario.net “Le aziende hanno smesso di chiedere soldi agli istituti non perché stiano bene come stanno, perché non ne abbiano bisogno, bensì perché Governo, Abi e istituti di credito hanno dato vita all’ennesimo, indegno rimpallo di responsabilità durante la crisi Covid. E non parlo solo della questione Cig, parlo dell’erogazione di credito diciamo “ordinario”. L’esecutivo ha peccato di incompetenza, scrivendo i decreti con i piedi, perché ha sciorinato cifre inesistenti da un lato e ingestibili dall’altro, se non si garantiva alle banche la manleva penale rispetto a eventuali, future insolvenze sui prestiti concessi a soggetti “a rischio”. Le banche, dal canto loro, hanno usato questa ultima criticità come ennesimo alibi strutturale per dare soldi solo a chi volevano loro e alle loro condizioni: altrimenti, venivi gentilmente invitato ad aspettare che il peggio fosse passato. Ovvero, aspetta di fallire o di metterti in mano agli strozzini. Lo sanno tutti, banche in testa. Le quali, lo ripeto a scanso di equivoci, non sono enti di beneficienza, quindi è giusto che si tutelino e tutelino i loro azionisti, visto che le performance di bilancio pesano su quelle di Borsa.

A firma di Mauro Bottarelli, un giornalista che non ho mai amato e che probabilmente neppure mi conosce. il nostro ama i complotti e il pessimismo, talvolta venato da catastrofismo e da una solida avversione al potere, di qualunque tipo. Potere che alla fine sempre guadagnerà qualcosa a scapito del poveretto di turno. Questa volta sono di turno, lato potere, le banche (e quando mai!) che insieme al Governo e all’ABI (ABI: chi era costui?) sono colpevoli di un “indegno rimpallo“. Però…però se la norma è scritta con i piedi e l’hanno fatta al Governo, non è un rimpallo quello che sta andando in scena: è una presa d’atto, ti hanno messo in mezzo alla pista e devi ballare. Lo scudo penale ci vuole e Bottarelli lo sa benissimo, in questo Paese di avvocati in cerca di cause temerarie, che tali non sono mai contro le banche. Quanto all’ABI, basti vedere chi ne è il Presidente per comprenderne il peso politico.

Insomma, ho la sensazione che il nostro in una banca non sia mai entrato e che non abbia la più pallida idea di come vi si lavori. E, secondo me, neppure di come funzioni un conto economico, uno stato patrimoniale e i requisiti di vigilanza: perché nel frattempo che non si può mettere a sofferenza nessuno, il credito si deteriora lo stesso. E dubito che le banche stiano facendo utili con la raccolta a tassi negativi (sì, per carità, bellissimo) e facendo quali impieghi? A quali tassi?

P.S.: Bottarelli, c’hai presente la voce 130?

 

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L’oroscopo 2017 del Mago Alex per banche, banchieri, bancari, governatori: ovvero cosa ci salverà dal disastro prossimo venturo?

L’oroscopo 2017 del Mago Alex per banche, banchieri, bancari, governatori: ovvero cosa ci salverà dal disastro prossimo venturo?

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In ritardo di un solo giorno, ma in fin dei conti puntuale come un Frecciabianca, ecco l’Oroscopo 2017 del Mago Alex per banche, banchieri, bancari e governatori.

Perché non più solo i bancari e perché non più segni zodiacali? Perché con soli 35 anni di ritardo si avvera -di più: viene superata- la profezia del prof.Mazzocchi, Università Cattolica, anno 1978, corso di Politica Economica: “Prima o poi anche in Italia il lavoro dei bancari sarà, come negli USA, un lavoro per donne e per neri”, ovvero sottopagato, dequalificato, da ultimo reso addirittura seriale e dis-umanizzato dal robot e dalla filiale virtuale. A che serve parlare d’amore e di carriera ad un robot? A una filiale virtuale? A una postazione video?

E dunque…

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Banche: secondo molti idioti, peraltro, mi duole dirlo, assai votati, le banche sono al Governo, in Italia, in Europa, in Germania, praticamente ovunque (magari ci fosse Goldman Sachs al governo: dove si firma per Lloyd Blankfein Presidente?). Quindi bisognava votare loro contro, quindi la vittoria del NO. Bravi. Complimenti. Sono gli stessi genii che sventolavano gli striscioni a Montecitorio con su scritto “La casa non si tocca”, quando si tentava di rendere più veloci le procedure di recupero dei crediti; mi piacerebbe assistere all’esame di Tecnica Bancaria fatto da qualcuno di costoro, per chiedere come pensano di difendere il risparmio, tutelato dalla nostra immarcescibile costituzione? La madre degli imbecilli è sempre incinta.

Di overbanking ha parlato Mario Draghi, scrivendo lui l’oroscopo per le banche e ponendo fine a decenni di discussioni accademiche se sia meglio la banca grande o la banca piccola; di una sostanziale soppressione delle banche locali parla da tempo il suo mediocre successore Ignazio Visco.

Concentrazione è la parola scritta nelle stelle: meno banche.

E meno banchieri: poiché le cadregh si riducono si cerca disperatamente di sedersi su quelle superstiti, man mano che il gioco crudele della sedia/concentrazione settoriale ne toglie una alla volta: a chi fosse sfuggito, importiamo banchieri (Mustier a Unicredit ne è l’esempio più solare): mentre la categoria è rappresentata da un gagliardo giovanetto, di nome Patuelli, che fu nella Prima Repubblica segretario del PLI (!). Tancredi Bianchi si rivolta nella tomba.

Foto Federico Bernini - LaPresse 12 11 2015 Torino cronaca Fondazione Ugo La Malfa. Piemonte industriale in trasformazione. Ruolo del credito, dell'innovazione, delle start-up. Grattacielo Intesa San Paolo. Nella foto: Antonio Patuelli, presidente ABI
Foto Federico Bernini – LaPresse

Impressiona la parabola della categoria professionale del bancario, specie in via di estinzione e di cui nessuno sente la necessità di patrocinare la protezione. Non esiste nessun Landini in banca, la felpa della FABI, se mai è esistita, viene usata come pigiamino.

E poiché le banche si stanno ritirando dai business rischiosi perché sono costosi (i.e. il credito), o ne accettano solo quote che consentano di ridurre il costo operativo per eccellenza, il personale, il nostro bancario non ha grandi prospettive, perlomeno a breve termine. O diventa capace di vendere di tutto, e sarà valorizzato per quello, o rischierà il peggiore dei mismatching, quello tra competenze acquisite e competenze richieste. La chiusura delle filiali e gli esuberi, da una parte, l’esternalizzazione e la vendita di prodotti “fabbricati” altrove -le polizze- dall’altra, sono due facce della stessa medaglia: l’impresa bancaria, impresa di servizi ad alta intensità di fattore lavoro, sceglie di robotizzare i processi, riducendo l’intensità del fattore lavoro. Che evidentemente non potrà più essere de-qualificato, perché quel tipo di lavoro lì lo faranno i robot, non ci sarà più.

I Governatori, da parte loro, soprattutto il nostro, in questo frangente storico mostrano di assomigliare sempre più alla Sindaca di Roma: sono etero-diretti, sostanzialmente irrilevanti. Per nostra fortuna a Francoforte non c’è la Casaleggio e Associati, ma non c’è motivazione intrinseca all’esistenza di Via Nazionale se non quella di essere un’agenzia al servizio di Eurotower.

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Il futuro, dunque, non è roseo, non serviva il Mago Alex per dirlo. Qualcuno vagheggia un mondo senza banche, qualcuno, anche di recente (SB, innominabile) è arrivato a dire che l’euro non va bene e che ci vorrebbe una doppia circolazione monetaria, come nel 1945, con le AM lire.

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Una sola cosa, realisticamente, ci può salvare, ed è quella che ci ha portato close to the edge: il credito deteriorato. Perchè di una tale montagna di quattrini si tratta,  e di un problema di così ampia portata, che ci vogliono ancora troppe persone e, soprattutto, troppo denaro, per risolverlo. Nemmeno Salvini, Brunetta, Di Maio, Dibba, M.me LePen hanno soluzioni magiche, anche se le spacciano come tali.

Coraggio fratelli, le sofferenze salveranno le banche.

Buon 2017 a tutti (e buon ascolto: non c’è nemmeno la pubblicità).

Il Mago Alex

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ABI Banca d'Italia Banche

Un salvataggio bancario è un atto di violenza (re-load).

Un salvataggio bancario è un atto di violenza (re-load).

Un salvataggio bancario non è un pranzo di gala. Non è un convegno dell’ABI su Basilea 3, non si può fare come se fosse la rivalutazione di un immobile.

Un salvataggio bancario non è una festa letteraria, non è un disegno o un ricamo. Non è il premio Strega, non si fa con le vignette di Vauro o le battute di Bergonzoni. Non si può fare con la carta o con i debiti, ci vogliono soldi, veri. Pubblici.

Un salvataggio bancario non si può fare con tanta eleganza, con tanta serenità e delicatezza, con tanta grazia e cortesia. Un salvataggio bancario non si può fare consultando la Camusso, chiedendo alle parti sociali, telefonando in Confindustria. Un salvataggio bancario non si può fare castigando i banchieri cattivi e con l’efficienza purificatrice del mercato.

Un salvataggio bancario non si può fare senza mettere le mani nelle tasche degli italiani.

Un salvataggio bancario è un atto di violenza.

Prof Ze Dong

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ABI Banca d'Italia Banche Banche di credito cooperativo Giulio Tremonti

Nessuno tocca le Bcc (ci ha già pensato Visco).

Nessuno tocca le Bcc (ci ha già pensato Visco).

Bankitalia_ignazio-viscoIl tweet rassicurante del Presidente del Consiglio ieri sera “nessuno tocca le bcc”, appena terminato il Consiglio dei Ministri, è senza dubbio indirizzato a tutti coloro che paventavano una modifica della normativa in materia bancaria penalizzante per le banche di credito cooperativo. Il testo uscito dal Consiglio dei Ministri ha stralciato le norme in materia di bcc e dunque, per il momento, nulla di nuovo sul fronte occidentale. Forse.

L’apertura di una falla sul fronte della difesa di banche “differenti”, poichè improntate su un modello mutualistico e non di mera ricerca del profitto per ora tocca sole le grandi popolari, costrette (malgré-lui? ne dubito…) a diventare società per azioni, dotate di un attivo superiore ad una certa soglia. Nei fatti sancisce, prima ancora che un disfavore del legislatore, un’incomprensione culturale, un essere fuori dal tempo che la mancanza di testimonianza e di valori realizzati ha aggravato. Non si comprende il perché debbano esistere banche di credito cooperativo, piuttosto si aderisce a Banca Etica, in nome di valori che si sente difettare, ma le piccole banche, le banche di prossimità sembrano passate di moda. Eppure non è così lontano il 2008, quando Giulio Tremonti, con il suo bacio della morte, lodava le “piccole-banche-che-continuano-a-fare-credito” contro le grandi e cattive banche, colpevoli del credit-crunch.

Sono passati quasi sette anni di crisi e le piccole banche stanno peggio di prima: le loro virtù -minori sofferenze sugli impieghi, migliore capacità di assistenza alla clientela, capacità di comprendere le esigenze delle Pmi- si sono volatilizzate, non contano più o, più semplicemente, non ci sono più. I numerosi commissariamenti di piccole banche proposti da Banca d’Italia ed eseguiti dal Mef senza batter ciglio si sono accaniti sulle Bcc senza che nessuno alzasse un dito per difenderle, a cominciare da quei genii del senso dell’opportunità della Lega Nord: ed è chiaro che l’obiettivo della Vigilanza, secondo il classico trade-off della teoria finanziaria, è la stabilità, a scapito dell’efficienza. Si potrebbe aggiungere che l’operato di Banca d’Italia segue il vieto e frusto paradigma (mai dimostrato), che la dimensione più grande incorpori i vantaggi della stabilità, dell’efficienza, delle economie di scala: ho cominciato a fare il professore studiando queste cose e ancora non ci cavo le zampe, ci sarà un motivo.

Infine: è persino doloroso assistere allo scempio del credito cooperativo operato dalla Vigilanza, nella totale assenza e/o indifferenza non appena dei referenti politici (già: quali?) ma, soprattutto, delle rappresentanze istituzionali, Abi e Federcasse. Ma se dei primi è spiegabile l’indifferenza, dei secondi è peccato mortale l’ignavia. Che nulla, nemmeno la volontà di sviluppare un nuovo modello associativo, calato dall’alto, può giustificare.

 

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ABI Alessandro Berti Banca d'Italia Banche Banche di credito cooperativo Vigilanza bancaria

Oroscopo (settoriale) del Mago Alex per il 2015

Oroscopo (settoriale) del Mago Alex per il 2015

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Il Mago Alex, previsioni per i bancari (dal 2013 anche per gli aspiranti bancari, i banchieri ed i banchieri centrali), ininterrottamente dal 2009.

La premessa è che “E’ un mondo difficile, è vita intensa, felicità a momenti e futuro incerto.” Ammonimento mai da dimenticare: e se il 2014 lascia un’eredità all’anno che sta per arrivare è proprio il venire meno di molte certezze.

Non che manchi la voglia di cazzeggiare, quella grazie a Dio rimane, ma è come se ogni giorno le persone fossero un po’ più tetre, quasi non avessero voglia di mettere giù i piedi dal letto la mattina, chiedendosi per cosa ne valga la pena.

Ecco, per cosa ne vale la pena?

John Maynard ed il suo alter ego se lo sono chiesti, pensando a cosa scrivere nell’oroscopo per il 2015, ed hanno deciso di ammannirvi il primo oroscopo pensato (sic) per il settore finanziario. Forse il cassiere di Pizzighettone o l’addetto fidi di Isernia non vi troveranno la promessa di nasciture storie d’amore tra le scartoffie, ma per quello esistono maghi più predisposti ed esperti.

NdA: si ringrazia l’astrologia cinese per i suggerimenti su alcuni segni zodiacali, il sistema bancario italiano per l’immensa casistica che offre, Paolo Mereghetti per la filmografia, il prof.Berti per il bestiario.

P.S.: JM torna dopo la Befana. Abbiate pazienza, il 2014 è stato un po’ sabbatico, come per l’Inter, faremo meglio nel 2015.

Autorità di vigilanza (tutte, ma soprattutto una).

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Sotto il segno del Cane (Bastardo), in perfetto allineamento con il Cinghiale (a pelo lungo) opereranno indisturbate, così come avviene ormai da molti anni. Neppure per questo anno dovranno temere l’accountability e potranno tranquillamente continuare a fare ciò che loro meglio riesce: distruggere qualunque cosa si presenti come non funzionale ai loro disegni. Nel sostanziale disinteresse del Governo, di questo come dei precedenti, e di tutta la politica, compresi i geni del M5S, nonché di Milena Gabanelli e del Fatto Quotidiano, ridefiniranno il sistema finanziario secondo linee di vigilanza strutturale che neppure la Banca d’Italia di Guido Carli: che si tratti di politica economica è evidente, che non lo stia facendo la politica è altrettanto palese. Très démocratique

Darth Vader.

Prospettive: L’impero colpisce ancora.

 

Amministratori e direttori generali di banca (non tutti, ma tanti).

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Sotto il segno della Capra (per l’etimo ed il significato profondo del termine chiedere a Vittorio Sgarbi), con la Luna allineata con il segno della Lepre (animale notoriamente eroico), continueranno a ballare sul Titanic, chiedendosi con Mina perché tutto questo gli sia scoppiato dentro il cuore “All’improvviso”?

Solo che sono altri gli organi che stanno scoppiando: e i salvataggi bancari, ce lo ricorda il Grande Timoniere, sono un atto di violenza, come la voce 130 del Conto Economico.

Un’estate fa, la storia di noi due, era un po’ come una favola…”: chiedersi con una lacrima sul viso perché “l’estate va e porta via con sé anche il meglio delle favole” è sport inutile ed ozioso, rimpiangere i bei tempi non serve. Servirebbe coraggio, non sfacciataggine, consapevolezza, non incoscienza: ma che uno non possa darsi quello che non ha, lo sapeva pure il pavido (e saggio) don Abbondio.

Stupidi (cfr. l’etimo latino).

Prospettive: Alice nel paese delle meraviglie o The Walking Dead.

 

Società di software gestionali per banche.

toroSotto il segno del Toro ascendente Capra, a testa bassa e con supremo sprezzo del ridicolo (per avere il senso del ridicolo bisogna avere dei riferimenti al di fuori di te e sei hai sempre lavorato in maniera perfettamente autoreferenziale è una vita che ti guardi allo specchio: conosci solo te stesso), continueranno a sfornare programmi “integrati”, “aggiornati” e “compliants” con le direttive delle autorities, a misura di un cliente che non hanno mai visto, se non per parcellare profumatamente (analizzare i bilanci per credere). Anche nel 2015 non parleranno mai con un cliente e se lo faranno sarà per fare pagare cara una personalizzazione che non faranno, una modifica non necessaria, un aggiornamento fantasma. O per giustificare la loro mortale ignoranza in materia di economia aziendale.

Indifferenti.

Prospettive: il remake di 2001 Odissea nello spazio, Hal 9000 è vivo e lotta con noi.

 

Rappresentanti di categoria (ABI, ANIA, associazioni settoriali varie etc…: non tutte, ma molte).

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Sotto il segno del Serpente (animale che notoriamente ispira fiducia), ascendente Scimmia (non vedo, non sento, non parlo) assisteranno impavidi allo scempio legislativo e regolamentare dei loro associati. D’altra parte, memori del fatto che solo chi è senza peccato può tirare pietre, non hanno neppure tentato di reclutare la Madonna, ma si limitano a tacere. La concentrazione del mercato non farà loro tanto bene, ma preferiscono il Bunga Bunga al morire. D’altronde, ove optassero per la morte, è probabile che spetterebbe loro comunque un po’ di Bunga Bunga, dunque perché biasimare il loro eroismo?

Inutili.

Prospettive: La collina dei conigli.

 

Addetti fidi, responsabili area crediti, analisti fidi, gestori corporate, small business etc...

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Sotto il segno del Drago, tenteranno come sempre di fare il loro sporco lavoro. Continueranno a blaterare di clienti storici, di soci, di persone “favorevolmente conosciute”: colpevolmente ignorando il reato di falso interno manderanno avanti pratiche che sarebbero da dare da mangiare ai maiali, senza neppure pretendere una mazzetta; continueranno a chiedere garanzie, inutili come l’ABI. Eseguiranno stupri etnici della lingua italiana, che gli archeologi finanziari, tra 150 anni, archivieranno nelle bizzarrie del bancariese. Tuttavia, per l’ascendente Tigre che contraddistingue taluni di loro, riusciranno a scrivere istruttorie fatte come Dio comanda, dove si capisce come viene misurato il rischio e si traggono le dovute conseguenze dalla presenza o dalla assenza della capacità di reddito e di rimborso. Speriamolo.

Soldati.

Prospettive: Bastardi senza gloria.

 

Il Mago Alex

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Alibi.

Alibi.

Matteo_Renzi Matteo Renzi mi piace. Alle “prime” primarie, quelle dove perse con Bersani, lo votai pure. Mi piace quel che dice, avverto sintonia con gran parte dei suoi intendimenti, potrei pure rivotarlo alle politiche. Premesso che il Presidente del Consiglio non necessita dei miei inutili endorsement, quella frase sulle “banche che non hanno più alibi” continua a farmi pensare. Mi fa pensare perché mi sarei aspettato che Confindustria la cavalcasse immantinente, mentre Squinzi si è messo a dire che le imprese hanno salvato l’Italia. Gli ri-chiedo (l’ho già fatto retoricamente su twitter): quali? Quelle che hanno comprato il terzo capannone mentre ne avevano già due anzichè investire in tecnologia? Quelle che si lamentano dello Stato che non paga e poi però tengono i trentenni come co.co.pro. per anni? Forse Squinzi non è interessato. L’ABI, allora: forse l’ABI, per bocca del suo ineffabile presidente Patuelli o di qualcun altro. No, l’ABI ci ha tenuto a far sapere che la domanda di mutui è in ripresa: non sappiamo per comprare cosa, probabilmente “garanzie” che nel frattempo si sono certamente ri-valutate e che così diventano di nuovo liquide. All’ABI di Renzi non interessa. La Banca d’Italia? La relazione del Governatore è stata una delle più modeste degli ultimi anni, persino umiliante per il prestigio dell’Istituto quando afferma che gli interventi effettuati per crisi bancarie riguardano l’1% del mercato. Alla Banca d’Italia, a quanto pare, importa la corretta “classificazione a voce propria”, ovvero che gli incagli siano chiamati col loro nome e così le sofferenze. Non importa la cura per il credito deteriorato, ma che la febbre sia ben misurata.

L’impressione è che la frase del Presidente del Consiglio, certamente scaltra sotto il profilo politico e del consenso, sia caduta in una sorta di terra di nessuno. Una no man’s land sospesa da una parte tra banche (purtroppo e soprattutto locali) che ancora oggi dicono di voler portare a casa ricavi da servizi ma non facendo consulenza alle Pmi sulla gestione del fabbisogno, bensì vendendo polizze, carte di credito e fondi di investimento (e il margine di interesse? e la remunerazione della raccolta? e il fare banca per davvero?) E dall’altra tra imprenditori -o presunti tali- che continuano a chiedere denari per aprire bar, tabacchini, pubblici esercizi, edicole, ed altre ignobilia del terziario arretrato. Senza mai mettere un soldo. Senza calli nelle mani, mai, neppure in prospettiva. Oppure rinviando l’affronto dei problemi, quasi sempre economici e mai finanziari, come ormai accade da 7 anni.

Le banche non hanno più alibi. Ma a quanto pare, hanno molti complici.

 

 

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L’arte del regolatore e la sega elettrica.

L’arte del regolatore e la sega elettrica.

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Mi ero tenuto alla larga dal dibattito (invero non proprio di spessore) sul Monte Paschi, pur potendo vantare un track record di post, scritti in tempi non sospetti, che facevano ben comprendere quanto io abbia avuto in simpatia la conduzione manageriale di quella banca. Ma se il Governatore Visco dedica 5 pagine su 17 del suo intervento di ieri al Forex, stimolati da cotanto pulpito, forse vale la pena spendere due parole.

Ignazio Visco, anzitutto, ha ben spiegato che il regolatore non è un giustiziere: e che vigilare sulle banche non è qualcosa di molto simile a un linciaggio, piuttosto che al lavoro di un giustiziere fatto in casa come Dexter. Il Governatore ha puntigliosamente ricordato che notizie false e non verificate possono danneggiare banche e soprattutto risparmiatori, questi ultimi, peraltro, notoriamente tutelati dalla “più bella del mondo“. Non si commissaria una banca al primo stormire di fronde né, d’altra parte, la Vigilanza ha i poteri per sostituire gli amministratori; per quanto mi riguarda, non solo dubito che sia una buona idea, ma sono scettico sul fatto che, nonostante questa sia stata la lettura dei giornali ieri, lo abbia chiesto lo stesso Visco. Sullo sfondo esiste il concetto di libertà e di democrazia economica che qualcuno vorrebbe sempre nelle mani di un bel commissario del popolo e che invece va difeso e tutelato, anzitutto con coscienza e responsabilità.
Infine, come ho rilevato su twitter, il Governatore ha messo al centro del suo intervento non Monte Paschi, cui pure doveva dare risalto (e lo ha fatto, fin dalle prime righe della relazione), ma il concetto di efficienza, per le banche e, per quanto mi riguarda, soprattutto, per le imprese.

Le banche sono da almeno un anno sotto la lente di ingrandimento, anche in via amministrativa, per quanto riguarda compensi, impegno degli amministratori, preparazione tecnica, riduzione dei costi: e il cenno fatto durante l’esposizione alla patrimonializzazione delle Bcc non deve trarre in inganno sul fatto che anche esse siano al centro di un imponente lavoro di revisione dei modelli di governo e, cito testualmente, di focus sulla “qualità del capitale umano“, che va rafforzata, in quanto”cruciale nelle attività di valutazione del merito di credito e nella gestione dei rischi.” D’altra parte, per ritornare a banche di più grandi dimensioni, Alessandro Profumo era in prima linea, ieri, a guardarsi la punta delle dita mentre Visco sottolineava che i compensi, buonuscite comprese, dovranno essere legati a componenti reddituali certe, anche in prospettiva. Per quanto riguarda le imprese e le Pmi in particolare, il Governatore ha fatto passaggi che sia la stampa, sia la rete si sono ben guardati dal rilanciare: per quel che vale lo faccio io.

Se il mantenimento in equilibrio dei conti pubblici è la precondizione e non l’ostacolo per il risanamento, il Governatore ha ricordato al mondo delle imprese che non sono i denari ad essere mancati (le cifre delle due moratorie e delle garanzie messe in campo da Cassa DDPP sono impressionanti), ma la serietà nel continuare a sostenere iniziative imprenditoriali “con precaria situazione finanziaria e prive di prospettive di sviluppo.”

Si chiama allocazione efficiente delle risorse ed è un concetto che insegnamo fin dalle prime lezioni nei corsi di economia della banca o di economia degli intermediari finanziari: ma, soprattutto, è un concetto che non può essere appaltato in esclusiva al sistema bancario, quasi che le imprese siano tutte, senza distinzioni, partecipanti a un concorso di bellezza nel quale la più brutta assomiglia a Monica Bellucci e dunque i giurati, ovvero le banche, siano degli incapaci. Le banche non sono tutte uguali, e devono poter scegliere e farsi scegliere; ma lo stesso vale per le imprese, e non è un diritto divino.

Come sempre, il lavoro più impegnativo è quello culturale.

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Il silenzio degli innocenti (le colpe dell’affaire #MPS).

Il silenzio degli innocenti (le colpe dell’affaire #MPS).

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Il caso MontePaschi capita durante la chiusura delle lezioni per la sessione invernale degli esami; ma se fossimo durante il semestre, si potrebbe usare la vicenda per molte e molte ore di lezione su casi aziendali di moral hazard, benefici privati, malfunzionamento della teoria dell’agenzia, efficacia e pervasività dell’attività di vigilanza sui sistemi finanziari etc…

Dei legami tra politica e banche mi annoio persino a parlare, ricordando le nottate -ai bei tempi del centro-sinistra- nel corso delle quali il Comitato Interministeriale per il Credito ed il Risparmio (CICR) nominava amministratori delegati e presidenti di tutte le banche pubbliche italiane, ovvero tutte le più importanti. E al Monte dei Paschi, che io ricordi, non è mai andato un bel democristiano doc, che so, uno come Ferdinando Ventriglia: no, solo compagni comunisti, di sicura fede. Questo accadeva prima della Legge Amato-Carli, quella che privatizzava, sui generis, le banche italiane, obbligando queste ultime a creare una spa, con la Fondazione a monte, secondo il ben noto meccanismo che vige in Unicredit, Intesa e lo stesso Monte dei Paschi. La politica, uscita dalle porte delle banche spa, è rientrata dalle finestre delle Fondazioni: le quali, come insegna la vicenda riminese della Carim, non agiscono secondo logiche propriamente economiche, nè di “sana” gestione no-profit, ma nuovamente e unicamente politiche, sia pure con una forte connotazione localistica.

Anche in MontePaschi sembra di poter rinvenire i medesimi comportamenti: la Banca è stata usata come mucca da mungere per gli interessi dell’azionista di maggioranza, talmente legato a doppio filo al proprio unico e non diversificato investimento, da non potersi permettere di scendere sotto il 51%, anche a pena di un indebitamento crescente. La Fondazione MontePaschi non solo non ha minimamente controllato l’origine e la natura delle performance (invero pessime) del proprio asset principale, ma ha compiuto scelte antieconomiche nel nome di un mantenimento del controllo che può ben essere definito finalizzato esclusivamente all’ottenimento di benefici privati. Ascoltando Focus Economia su Radio 24 ieri sera, in macchina, ho udito Fabio Pavesi ripercorrere la vicenda MPS accennando in modo velato a colpe e mancanze di Consob e Banca d’Italia. Su Consob mi permetto solo di rammentare che l’autorità è garante del funzionamento dei mercati mobiliari, non dei ribassi o dei rialzi: e che non le compete il controllo sui bilanci delle quotate. Altro discorso è quello riguardante Banca d’Italia. Mi rendo conto che è facile individuare un colpevole nel vigilatore, che non vigilerà, ovviamente, mai abbastanza, soprattutto se si deve polemizzare, come alcuni pessimi esponenti del PdL stanno facendo, dimentichi dei guai di Popolare Milano e dei banchieri legati alla Lega (oltre che di altre tante situazioni che in scala ridotta riproducono schemi analoghi di malgoverno e di ingerenza). E si potrebbe andare avanti, ma è inutile, oltre che, appunto, noioso. La questione della vigilanza è ampia e complessa, non può essere risolta da un richiamo ad una maggiore pervasività: posso immaginare le vestali dei tagli alla spesa pubblica stracciarsi le vesti medesime alla notizia di nuove assunzioni da parte dell’Ispettorato di Bankitalia. Se si guarda al passato, in URSS e in Cina non ci sono mai state crisi bancarie, per la buona ragione che la dittatura comunista garantiva (e in Cina tuttora garantisce) il controllo su ogni attività economica: d’altra parte Francisco Franco, con la dittatura, ha da parte sua garantito lo sviluppo di Santander e BBVA, libere dai condizionamenti della concorrenza. Il massimo di controlli corrisponde al minimo della libertà economica oltre che essere, appunto, assai costoso: ed il Collegio sindacale è gravato, da ultimo, da compiti che il profano neppure immagina, per complicatezza, ambiguità e rischio professionale. Da ultimo, affidarsi fideisticamente ai controlli genera irresponsabilità ed evita la fatica: la fatica dell’azionista di chiedere conto, al di là dei risultati, di ciò che gli viene presentato, la fatica degli stakeholder di valutare complessivamente le performance. E, da ultimo, la fatica dei manager di conseguire risultati che dicano, al di là dei numeri, di una strategia condivisibile e condivisa. Se il dibattito di queste ore provasse a ripartire di qua, forse si potrebbe anche sperare che una vicenda così grave e triste possa avere qualche esito positivo. Forse.

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Approcci alternativi (la second life delle banche italiane).

Approcci alternativi (la second life delle banche italiane).

Al Convegno ABi su Basilea 3 che si terrà prossimamente a Roma sono numerosissimi i relatori. Quasi esclusivamente di grandi banche e di grandi società di consulenza, oltre che di docenti dell’università Bocconi (o di bocconiani trasferiti in altre università). Ad occuparsi di Pmi (forse) sarà il capo di una società di consulenza che fa programmazione economico-finanziaria a medio-lungo termine per i propri clienti moltiplicando 1 (uno; one; un; ein; um) semestre, sempre lo stesso, per 2 e poi moltiplicando il tutto per 30, ovvero gli anni della previsione. Il piano che ho avuto modo di esaminare qualche giorno fa sfruttava benissimo la potenzialità di Excel per riprodurre e moltiplicare le formule e, soprattutto, ignorando completamente gli effetti dell’inflazione, stimava risparmi di costo per milioni di euro  immotivati ed irragionevoli. Come si suol dire su twitter, #soncose.

Orbene, a parte queste amenità, che poi non sono tali se a quel convegno andrà, come è certo, qualcuno che conta in banca ed ascolterà i pareri di personaggi come quello che si è sommariamente descritto, nessuno si occuperà di credito alle imprese se non per le due seguenti relazioni:

  1. RWA optimisation: un approccio alternativo – come contrastare gli impatti sul costo del capitale agendo sulle strategie creditizie.
  2. Analisi di settore, distretti, filiere, reti per la gestione di portafoglio
    e la selezione del credito della banca

Per il resto, cartolarizzazioni, strumenti ibridi (strumenti ibridi? ancora? ancora a parlare di mercati e di strumenti alternativi di capitale?) e, tocco lirico, un intervento su Importanza delle informazioni qualitative nell’assegnazione di un rating unsolicited. In altre parole, come fare ad assegnare un rating non richiesto dall’impresa senza ottenere informazioni qualitative (quelle che si ottengono solo in un lungo colloquio diretto: rischio fiscale, passaggio generazionale, sostenibilità sociale ed ecologica del business etc…); si potrebbe anche dire, come farti una visita medica al telefono.

Non è un caso, tuttavia,  che la prima relazione, quella nella sessione plenaria, con il direttore generale dell’Abi e il nuovo direttore della Vigilanza di Bankitalia, si occupi di come contrastare gli impatti sul costo del capitale agendo sulle strategie creditizie. In altri periodi sarebbe bastato leggere qualcuno dei manuali per uso interno delle grandi banche per capire che il problema si risolve in un solo modo, evitando di fare prestiti a soggetti che non siano di qualità primaria -ovvero che non hanno bisogno di quattrini- ed evitando le Pmi. Ma non è cosa, i tempi sono cambiati e, soprattutto, mentre in passato si poteva pensare di chiedere denari agli azionisti sulla scorta di ROE prospettici a doppia cifra, ora sono gli stessi azionisti a chiedere denari per sopravvivere: il caso MPS, in proposito, è illuminante.

Non so quali siano le strategie creditizie che saranno proposte dal relatore per contrastare l’impatto sul costo del capitale. Da sempre, da quando il dibattito su Basilea 2 prese il via, nessuno in ambito bancario (e neppure accademico, salvo eccezioni) si è mai preoccupato di capire come si debba analizzare il fabbisogno finanziario delle imprese, dando per scontato che la professione bancaria questo strumento lo avesse già acquisito. La storia della crisi e della bolla immobiliare ci insegnano che è vero il contrario. Ma se l’approccio ABI al problema continua ad essere quello che pone al centro la questione del risparmio di capitale, sarà bene che le imprese sappiano, soprattutto se Pmi, che i loro interlocutori vivono in una realtà parallela, slegata dalla realtà. Entrare -o restare- in un’altra second life, questa volta imprenditoriale, fatta di lamenti e di richieste ripetitive, sarebbe mortale. Sarebbe il caso di cominciare ad attrezzarsi per governarlo, il fabbisogno finanziario della propria impresa: nella first life, non in altre.

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La nostra specialità? La liquidità.

La nostra specialità? La liquidità.

Maximilian Cellino, in un articolo sul Sole 24 Ore di ieri intitolato Credit crunch. La ricetta del Club Ambrosetti: separare retail da investment bank a livello europeo riporta la lapidaria ricetta della grande maison italiana di consulenza: «Più liquidità senza modello universale». Nel servizio si afferma che “secondo il rapporto la riforma potrebbe far risparmiare agli istituti italiani 33 miliardi in aumenti di capitale.

Il rapporto riprende l’idea, fatta propria anche dall’ABI, che non ha mai voluto intendere le ragioni dlel’EBA, che poiché i rischi sono maggiori nell’attività finanziaria e di trading, sarebbe ingiusto penalizzare le banche italiane che, al contrario, sono da sempre orientate all’attività bancaria tradizionale. I nuovi requisiti patrimoniali, applicati indiscriminatamente, sarebbero pensati per banche anglosassoni, non per le nostre: dunque, meglio evitarne l’applicazione, mettendo in soffitta il modello della banca universale e ritornando a quello della banca specializzata.

Ora, a prescindere dalle discussioni sull’efficienza allocativa di un sistema finanziario che, orientato alle banche, adotta il modello della banca universale anzichè di quella specializzata, è quantomeno discutibile che in Italia, stante il TUB del 1993, il modello applicato ed utilizzato sia effettivamente quello della banca universale. Quest’ultima, in effetti, sembra più una cornice legislativa, all’interno della quale il quadro disegnato dai protagonisti del sistema bancario italiano ricalca tuttora forme e colori della banca specializzata. Se così non fosse non si spiegherebbero le fatiche così grandi e così drammaticamente manifeste nei bilanci di quelle banche, le Bcc, che: a)-erano le più capitalizzate di tutto il sistema; b)-hanno fatto sempre e solo il mestiere di raccogliere il risparmio presso le famiglie ed affidare le Pmi.

Il problema del capitale è un problema vero, molto sentito da tutti i grandi azionisti delle banche maggiori, che intravvedono un futuro gramo fatto di nessun dividendo e di portafoglio sanguinante. Ma è agitato impropriamente come spauracchio per le imprese, e dunque per la politica e per le autorità di Vigilanza, perchè sarebbe la via per l’ineluttabile credit crunch. Il contributo presentato a Cernobbio, dove oggi arriverà Caronte-Profumo, sotto questo profilo non si discosta di molto dalla pubblicistica pro-ABI degli ultimi mesi.

Di una cosa va però dato atto al rapporto, ed è di rimettere al centro della questione la capacità delle banche di saper valutare il merito di credito: argomento di cui nessuno, a cominciare dal noto avvocato calabrese presidente dell’ABI, ha mai parlato, quasi che le sofferenze e la bolla immobiliare fossero il frutto di sfortunate coincidenze e non di un’ormai evidente incapacità di valutazione e gestione del rischio di credito, resa più acuta dalla crisi. Da ultimo, e non è poco, si parla anche di imprese, finalmente smettendo di blandirle, ma richiamandole alle loro responsabilità. Queste ultime «si devono comportare in modo diverso nei confronti delle banche, offrendo maggiore trasparenza e riducendo la commistione fra patrimonio dell’imprenditore e azienda».

Manca solo un’annotazione, a margine del rapporto: ringraziare Mario Draghi e quello che sotto di lui sta facendo la Bce. Perché con buona pace della signora Merkel (che non gradisce) e di tutti i premi Nobel del PdL, (che strepitano chiedendosi dove sono finiti i soldi della Bce), le richieste di rientro e le sofferenze del sistema sarebbero ben più elevate. Con vere, gravissime conseguenze sulla liquidità.